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Limbo legale e botte polizia, migranti in 'inferno' Balcani

Rapporto Amnesty International svela brutalità 'Balkan route'

08 luglio, 15:25

di Stefano Giantin

(ANSA) - TRIESTE - Mentre la rotta mediterranea, irta di insidie, pericolosa, spesso mortale, è sempre meno frequentata, quella balcanica sta diventando la via privilegiata per tentare l'ingresso nell'Ue. Ma un filo rosso le lega. Sono entrambe 'vie crucis' per migranti e profughi.

Che anche la cosiddetta 'Balkan route', quanto quella dei barconi, sia un percorso a ostacoli per chi tenta di raggiungere l'Ue da Medio Oriente e Africa è stato confermato da un durissimo rapporto di Amnesty International (Ai), reso pubblico oggi, intitolato 'Europe's borderlands: Violations against migrants and refugees in Macedonia, Serbia and Hungary', ossia ' i confini dell'Europa, violazioni contro migranti e rifugiati in Macedonia, Serbia e Ungheria, compilato dopo quattro missioni di indagine nelle tre nazioni tra il luglio 2014 e il marzo 2015.

Tre Paesi, l'ultimo già parte dell'Ue, gli altri due in corsa per un'adesione che è ancora lontana all'orizzonte, che escono male dalle pagine del report dell'organizzazione non governativa che si batte per la difesa dei diritti umani. E che ha denunciato che "migliaia di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, bambini inclusi, che affrontano viaggi pericolosi attraverso i Balcani, soffrono di abusi violenti e di estorsioni per mano delle autorità e di gang criminali". E vengono "vergognosamente abbandonati da un sistema di asilo Ue fallimentare, che li lascia intrappolati senza protezione in Serbia e Macedonia".

Serbia e Macedonia che sono diventate una sorta di 'ripostiglio' "per rifugiati e migranti che nessuno nell'Unione europea sembra disposto ad accogliere", ha attaccato Gauri van Gulik, numero due di Amnesty International in Europa e Asia centrale.

Parole confermate dai racconti dei migranti intervistati da Ai, tutti simili tra loro. La triste avventura inizia con la fuga dalle nazioni di origine, abbattute da guerre o economie al palo. Pagando caro, i migranti e i rifugiati arrivano su qualche isola greca, dove incontrano "pessime condizioni di accoglienza", e la maggior parte si dirige poi verso Atene, prima di tentare di attraversare la frontiera con la Macedonia.

Lì, al confine greco-macedone, ma lo stesso vale per quello macedone-serbo, "rifugiati e migranti sono soggetti di routine a respingimenti illegali e maltrattamenti da parte della polizia di frontiera". "Molti - continua Amnesty - sono obbligati a pagare mazzette. Un testimone ha raccontato di essere stato minacciato dalla polizia serba vicino al confine ungherese di venire respinto, se tutti i membri del suo gruppo non avessero pagato cento euro a testa".

Ancora peggio è andata a un rifugiato afghano, respinto verso la Grecia dagli agenti macedoni: "Ho visto uomini maltrattati, hanno picchiato anche me e mio figlio di 13 anni". E a una "donna incinta di cinque mesi", aggredita dalla polizia serba sempre nei pressi della frontiera con l'Ungheria. Non solo. Secondo Amnesty, "molti rifugiati e migranti vengono arbitrariamente detenuti dalle autorità. Centinaia, incluse famiglie, donne in gravidanza e minori non accompagnati, sono custoditi per periodi prolungati nel centro per stranieri macedone di Gazi Baba, senza difese legali e senza che venga loro concessa la possibilità di richiedere asilo". Detenzione "per mesi in condizioni inumane e degradanti", con spesso incluse violenze da parte delle guardie penitenziarie, decisa dalle autorità della Macedonia per 'utilizzare' i migranti come "testimoni nei procedimenti penali contro i trafficanti" di esseri umani. Violenze che però non escono dalle porte di Gazi Baba: "Se muori qui, nessuno verrà a chiedere di te, getteremo via il tuo cadavere", avrebbe detto un poliziotto macedone a un siriano, intervistato da Amnesty.

Sul fronte delle richieste d'asilo, ancora bruttissimi voti per Belgrado e Skopje. Secondo Ai, nel 2014 solo 10 richieste d'asilo sono state concesse in Macedonia, una in Serbia. Così, scoraggiati dalla lentezza delle procedure nei due Paesi balcanici, migranti e rifugiati si spingono verso Nord, verso l'Ungheria.

Ungheria dove, purtroppo, essi "subiscono ulteriori violazioni dei diritti umani", assicura Amnesty. Chi viene individuato dalle forze di polizia magiare è incarcerato, "spesso in prigioni sovraffollate e in condizioni degradanti, o maltrattato da poliziotti". Nel 2014, ricorda l'Ong internazionale, solo 240 persone si sono viste riconoscere il diritto d'asilo in Ungheria, "una piccola percentuale del numero totale di domande". Ungheria da dove la maggior parte dei migranti e rifugiati viene successivamente rilasciata dai centri di detenzione. Chi è considerato a rischio di fuga rimane nei centri, chi non vuole chiedere asilo a Budapest - moltissimi mirano a farlo in altri Paesi europei, Germania, Austria, Svezia - vengono invece in genere deportati in Serbia e, in certi casi, fino in Macedonia.

Ma gettare addosso a Budapest, Belgrado e Skopje tutte le colpe sarebbe ingiusto, ammette Amnesty International. La responsabilità maggiore della complicata questione sarebbe infatti da attribuire al "fallimento delle politiche migratorie e di asilo dell'Ue, sulle quali Serbia e Macedonia non hanno influsso" alcuno. "Addossare la responsabilità primaria di processare le richieste dei richiedenti asilo al primo Paese Ue d'ingresso - rimarca Amnesty International - sta provocando pressioni insostenibili sulle nazioni al limite estremo dell'Ue e sugli Stati vicini".

La soluzione? Difficile trovarne una definitiva e funzionale, al momento. Ma Bruxelles - questo il consiglio di Ai - dovrebbe almeno comprendere che la soluzione di investire pesantemente nel rafforzamento nei sistemi di controllo sul 'limes' Ue non sta dando risultati. Si dovrebbe dare invece priorità al miglioralmento dei sistemi di asilo nei Paesi lungo la 'rotta balcanica'. Che oggi sono diventati "terre di nessuno", dove migranti e rifugiati in fuga rimangono intrappolati. (ANSA).

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