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Repubblica Ceca al voto tra incubo comunisti e antipolitica

Alle urne venerdì e sabato, socialdemocratici in vantaggio

23 ottobre, 12:53

(di Stefano Giantin)

(ANSA) - PRAGA - Turbolenze economiche, disaffezione verso la politica esacerbata da scandali per corruzione, un futuro ancora incerto sul fronte della governabilità. La Repubblica ceca va alle urne il 25 e 26 ottobre per rinnovare la Camera dei deputati a quattro mesi dall'inizio della complessa crisi politica generata dalla rovinosa caduta del governo di centrodestra di Petr Necas. E se la svolta a sinistra, iniziata a gennaio con l'elezione di Milos Zeman a presidente, sembra l'opzione più accreditata, gli esiti del voto rimangono invece ancora imprevedibili.

I più recenti sondaggi segnalano che sette partiti dovrebbero riuscire a superare la soglia di sbarramento del 5%, ma anche che nessuno riuscirà a ottenere da solo la maggioranza. In testa, ma in calo rispetto alle rilevazioni delle scorse settimane, i socialdemocratici della Cssd-pro Euro, in favore di aumenti delle tasse per i più ricchi e della revisione delle riforme di sanità e pensioni volute dal centrodestra, accreditati di una "forbice" di consensi che varia dal 23% al 26%. Seguono i comunisti della Kscm, che dovrebbero conquistare tra il 14% e il 18% di preferenze a seconda delle rilevazioni.

Per il bronzo compete invece Ano (Azione dei Cittadini Insoddisfatti), movimento d'indirizzo populista fondato dal tycoon Andrej Babis su un programma di lotta alla disoccupazione, abolizione dell'immunità per i parlamentari e campagna anti-corruzione, quest'ultimo un cavallo di battaglia sicuramente vincente in un Paese dove, secondo un recente sondaggio Gallup, il 94% dei cittadini giudica corrotti i propri governanti. Difficile tuttavia ancora prevedere quanto ampio sarà il sostegno che gli elettori garantiranno a Babis. Secondo l'istituto di sondaggi Sanep, Ano non dovrebbe superare il 12% di preferenze. Per i sondaggisti di Stem, Ano potrebbe invece balzare al 16,5%, secondo partito, lasciandosi alle spalle i comunisti.

Distanziati invece i conservatori di centrodestra del partito Top 09 dell'ex ministro degli Esteri, Karel Schwarzenberg, indicati come quarta forza politica con il 9-12%. In caduta libera e apparentemente inarrestabile i Democratici civici (Ods) dell'ex premier Petr Necas. Ods che dovrebbe conquistare alle urne tra il 6,5 e il 7,5%, consensi più che dimezzati rispetto alle ultime elezioni. Alla Camera dei Deputati, sempre secondo l'istituto Stem, dovrebbero entrare, superando seppur di poco il 5%, anche i cristiano-democratici (Kdu-CSL) e i liberal-conservatori dell'Upd.

Quale lo scenario più realistico alla chiusura delle urne? Un governo a guida socialista, con l'appoggio esterno dei comunisti, una soluzione sostenuta da una maggioranza di poco superiore ai 100 seggi su 200 in ballo, spiega ad ANSA Nuova Europa uno dei più ascoltati politologi cechi, Jiri Pehe. In questo scenario, se si realizzerà, il fattore più importante sarà la differenza in percentuale tra socialdemocratici e comunisti nei risultati ufficiali, perché il piano è quello di creare un governo di minoranza guidato dai primi. Ma dato che il Kscm non è un partito comunista riformato, ma un movimento che dopo il 1989 si è trasformato in un partito di protesta, sarà molto difficile per il Cssd negoziare con i comunisti se la distanza sarà, per fare un esempio, di soli quattro punti. Poche invece le possibilità, di un accordo tra socialdemocratici e altre formazioni come Top 09 od Ods, perché sono partiti responsabili del governo negli ultimi anni e perciò sono estremamente impopolari, un'alleanza sarebbe vista come un tradimento dagli elettori socialdemocratici. E Babis? Improbabile che i socialdemocratici guidati da Bohuslav Sobotka, 42enne quotatissimo per la carica di prossimo premier, possano lavorare con lui. Il magnate è infatti alla testa di un movimento su modello berlusconiano e populista, descrive Pehe, creato da un miliardario che controlla alcuni media, un "one man show" imprevedibile nei programmi e nell'azione politica, critico verso la politica di tutti i colori, un messaggio apprezzato da molti, a Praga. Molto meno apprezzata rimane tuttavia la prospettiva più concreta, quella di un aumento dell'influenza politica dei comunisti, eredi del regime pre-1989. A segnalarlo, gli "impiccati" apparsi a Praga e in altre città ceche, pupazzi appesi ai lampioni, con cartelli in bella vista - era contro il comunismo, azioni di proteste contro l'opzione dell'esecutivo socialdemocratico di minoranza con appoggio esterno dei "nipotini" dei leader autoritari pre-Rivoluzione di Velluto, vogliosi di riassaporare un po' del gusto del potere.

Il più importante risultato potenziale del voto, suggerisce tuttavia all'ANSA il professore e politologo ceco Milan Znoj, non è l'avanzata dei comunisti, ma il crollo della destra.

Dell'Ods in primis, partito che ha accompagnato la trasformazione verso la democrazia e l'economia di mercato, ma anche di Top 09, ex membro della coalizione di governo, la cui figura più rappresentativa è l'ex ministro delle Finanze, Miroslav Kalousek, fautore delle misure di austerità decise dal precedente governo. Un crollo che, chiosa Znoj, non deve essere letto come segno d'insoddisfazione della gente verso la svolta democratica, ma più come una "punizione" per gli scandali di corruzione e intercettazioni. E un segnale di una nostalgia per la sicurezza sociale del passato, nostalgia che gioca a favore del Partito comunista.

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