(di Nadira Sehovic)
(ANSA) - SARAJEVO - In Bosnia si vota domenica per il rinnovo di
tutte le istituzioni centrali e regionali e per eleggere nuove
dirigenze che avranno il compito di far uscire il Paese dalla
grave crisi politica, economica e sociale in cui versa da anni,
riavviando le riforme e riportando la Bosnia sulla via
dell'integrazione euro-atlantica.
Solo così si potra' cambiare il giudizio fortemente negativo
contenuto nel rapporto della Commissione europea presentato due
giorni fa, secondo cui la Bosnia non ha fatto alcun progresso
nel migliorare la funzionalità e l'efficienza degli organi di
governo a tutti i livelli "a causa della mancanza d'impegno
politico da parte della leadership del paese".
Secondo molti analisti i quattro anni trascorsi dalle
elezioni del 2010 sono stati tempo perso per il Paese ma, dice
Jonathan Moore, il capo della missione dell'Osce in Bosnia, "con
le stesse parole avevamo descritto anche la situazione dal 2006
al 2010: sono otto gli anni perduti".
I 3,2 milioni di elettori potranno scegliere tra 65 partiti
politici, 24 candidati indipendenti e 24 coalizioni, di cui
pochissimi, nel corso della campagna elettorale che si conclude
domani mattina, hanno cercato di trattare i veri problemi della
gente: la povertà, la disoccupazione, la corruzione, preferendo
la retorica nazionalista con la quale, dice Enver Kazaz, docente
dell'Università di Sarajevo, "i partiti che sono al potere dalla
fine della guerra credono di poter nascondere la propria enorme
criminalità, la totale decadenza economica, culturale e sociale
del Paese, rinviando solo l'inevitabile: finire in galera come
(l'ex premier croato Ivo) Sanader".
Eppure, "la maggior parte dei candidati - osserva il
professor Enes Osmancevic di Tuzla - non ha lasciato la strada
battuta delle promesse, del populismo e della demagogia".
Memori della protesta sociale scoppiata lo scorso febbraio,
delle 100.000 persone rimaste senza casa per le inondazioni di
maggio e dei 550.000 bosniaci senza lavoro su una popolazione di
3,8 milioni, due grandi partiti della Federazione Bh (entità a
maggioranza croato-musulmana) hanno cercato di "attaccare" il
problema della disoccupazione: il leader dei socialdemocratici
(Sdp), Zlatko Lagumdzija, ha promesso 50.000 nuovi posti di
lavoro, mentre il presidente del maggior partito musulmano (Sda)
Bakir Izetbegovic, ne ha promessi il doppio se otterrà 300.000
consensi. Milorad Dodik, il presidente della Republika Srpska
(Rs, entità a maggioranza serba) invece ha promesso che
risolverà tutti i problemi e aumenterà stipendi e pensioni
grazie ai "700 milioni di euro che ci darà la Russia", anche se
da un recente viaggio a Mosca ha portato a casa solo un decimo
di quell'importo. Una particolarità di questo voto è la
mancanza di previsioni e sondaggi rilevanti sulle preferenze
dell'elettorato. (ANSA)
© Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati