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Sparò primi colpi Grande Guerra, è abbandonata sul Danubio

Nave "Bodrog" arenata sulle rive alla periferia di Belgrado

29 luglio, 13:56

di Stefano Giantin

 

(ANSA) - BELGRADO - Il relitto rugginoso sta immobile, solitario, sul grandioso fiume verde, sul Danubio che lì scorre dritto come un'autostrada. È quasi arenato nella deserta penisola di Ada Huja, oltre l'estrema periferia di Belgrado, incastrato tra una draga e la riva di rena grigia e sassi, tra canneti e malerbe, mucchi di calce e mattoni. Per raggiungerlo bisogna armarsi di pazienza, non farsi scoraggiare dalla malinconica veduta di discariche e fabbriche dismesse, paesaggio lunare post-industriale.

Da scoprire c'è un'imbarcazione nascosta, 60 metri di lunghezza, lo scafo consunto dal tempo e dall'incuria, la cabina corrosa, l'àncora originale visibile a prua, ma mancano i due potenti motori da 700 cavalli, l'albero, le mitragliatrici, il mortaio. Tutto o quasi è perduto, chissà da quando. Anche le bocche da fuoco che un secolo fa si protendevano dalle torrette cilindriche poste sopra la chiglia, due cannoni da 120. Cannoni che spararono i primissimi colpi della Grande Guerra, il 28 luglio 1914.

Li esplose proprio il "Bodrog", monitore fluviale austro-ungarico, nave che inaugurò il primo conflitto mondiale, oggi un rudere dimenticato da tutti. Come tutti sembrano aver dimenticato che il conflitto è iniziato a Belgrado.

E cent'anni dopo la cannoniera è ancora lì, vicino al luogo del delitto, dove si consumò il prologo della mattanza. "Con tutte le armi al loro posto doveva veramente far paura", ammette accanto al relitto il guardiano della vicina cava di sabbia, Ibro, baffoni biondi e capelli a spazzola. Sale anche lui sul ponte, non si scompone quando gli si mostrano le immagini in bianco e nero di un secolo fa. Foto che ritraggono marinai di Vienna, di Budapest, forse di Trieste, sorridenti e ignari prima dell'immane massacro. Erano tutti in posa su quella stessa tolda, la tolda di una nave storica e negletta, oggi un ordinario barcone che da anni funge da pontone per caricare rena sulle chiatte che fanno la spola sul Danubio.

Qualche mese a svernare ad Ada Huja, dov'è ora, poi la rimorchiano di nuovo vicino al ponte in ferro tra Pancevo e Belgrado. Era là qualche tempo fa, al primo sopralluogo per capire se quella carcassa fosse veramente il Bodrog, a inizio Novecento una delle punte di diamante della "K.u.K. Kriegsmarine", orgoglio della Flottiglia del Danubio, varata nel 1903 nei cantieri Danubius-Schoenichen-Hartmann vereinigte Schiff-und Maschinenbau di Budapest.

"È lei, non c'è dubbio", la corvetta che sparò i primissimi colpi della Prima Guerra Mondiale, aveva confermato sul posto il giovane storico serbo Milan Gulic, arruolato per una verifica. È lei, la nave che ebbe il triste onore di iniziare le operazioni militari della Grande Guerra, ben prima che le armi cantassero in Belgio, in Francia, nella Prussia orientale. Bodrog, un nome che doveva essere tristemente noto ai belgradesi di cent'anni fa, ai soldati e ai civili che si ripararono dai suoi colpi tirati "un'ora avanti la mezzanotte" del 28 luglio di un secolo fa, ribadisce Gulic. Bombe contro Belgrado, contro la Serbia, nazione da punire per aver respinto i termini dell'ultimatum di Vienna, rea di aver allevato e protetto l'attentatore di Sarajevo, Gavrilo Princip. Prima notte di guerra e di spavento, per Belgrado, un terrore che dalla città bianca sarebbe dilagato ovunque.

Il Bodrog e le sue gemelle Temes, Koros e Szamos, "ebbero effetti dirompenti", spiega Gulic, "confusero i serbi, li terrorizzarono perché essi non avevano mai visto nulla di simile". Non pensavano fosse possibile una potenza di fuoco così devastante, inarrestabile per chi non aveva in dotazione armamenti in grado di infliggere danni significativi a quelle navi austriache. Così il Bodrog e le altre "fortezze sui fiumi" erano libere di navigare avanti e indietro, cannoneggiando la capitale e poi altre città serbe, come Sabac. Formidabili fortezze che qualche mese dopo si tentò di distruggere con centinaia di mine disseminate sul Danubio. E persino con i siluri lanciati da una nave appositamente inviata dagli alleati in Serbia da Malta, via Dardanelli e Mar Nero, ricorda lo storico calpestando l'interno della nave, quella che fu la tuga, alloggio per gli ufficiali, aprendo porte arrugginite e scrutando dentro scuri pertugi, sottocoperta, dove una volta erano alloggiate le caldaie, immaginando le postazioni da dove sparavano le mitragliatrici, dove s'innalzavano il posto di vedetta, il nero fumaiolo, le antenne per le comunicazioni radio.

Nave che, dopo il bombardamento su Belgrado, venne danneggiata l'anno seguente, fu affondata alla fine del conflitto. Non prima però di aver "sparato gli ultimi colpi della guerra, coprendo la ritirata degli austriaci", rivela Gulic. Dovette patirne però un'altra, di guerra, col nuovo nome di "Sava". Nel 1941, quando fu Hitler a voler castigare Belgrado, la città più volte bombardata in Europa, fu riallestita come nave antiaerea e di nuovo fatta colare a picco perché non cadesse nelle mani degli invasori nazisti. Poi riemerse, la seconda volta, prima di essere nuovamente affondata dopo essere servita agli ustascia. Infine, resuscitata per la terza volta, qualche anno di servizio nella marina fluviale della Jugoslavia di Tito. Poi la cessione a privati, decenni di trascuratezza.

I finanziamenti per restaurarla non sono arrivati, neppure nell'anno del centenario, altro che nave-museo. E il Bodrog rimane là, nelle torbide acque di Ada Huja, lontano dalle celebrazioni pompose, dalla retorica ufficiale. "Non preoccuparti, qui la proteggiamo noi", sghignazza il guardiano Ibro. E chissà, forse è meglio così. Che rimanga nell'oblio, quella cannoniera che diede il via all'orrenda carneficina.

(ANSA).

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