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In Italia coro da Camera di Praga fa rivivere musica boema

Da irredentismo a comunismo, quando cantare voleva dire libertà

27 settembre, 16:08

di Cristiana Missori

 

(ANSA) - ROMA - ''Un boemo, un musicista''. A ricordare la grande tradizione musicale ceca - che nel Settecento e, soprattutto nell'Ottocento visse un momento di gran fermento, in questi giorni in Italia c'è il coro da camera di Praga ''Resonance''. Nato nel 1984 e guidato dalla sua direttrice e fondatrice, Miloslava Pospisilova, in questa tournée italiana, oltre a Venezia e Roma (25-26 settembre), l'ensemble farà tappa anche in Trentino (Locca di Concei, il 28 e il 29 nella chiesa di San Bartolomeo a Tiarno di Sotto). La tradizione coristica ceca, come racconta Pospisilova, affonda le sue radici nell'800, sotto l'impero austro-ungarico. ''E' con la nascita dei primi movimenti nazionalistici e indipendentisti boemi - ricorda - che si diffondono i primi cori. Da qui l'origine della musica nazionale boema''. Musica, certo, di cui i due compositori cechi Bedrich Smetana e Antonin Dvorak furono i più importanti esponenti, ma soprattutto parole - cantate - e scritte, che portarono alla nascita dei primi giornali in lingua ceca. Fu infatti con l'inizio della crisi dell'impero asburgico seguita alla guerra del 1859 che il risveglio delle coscienze delle popolazioni sottoposte al giogo di Vienna prende forma.
Consapevolezza delle radici tradite o semplicemente dimenticate.
Da quel periodo storico in poi, ''la musica assumerà un ruolo importante per i Cechi''. In ogni scuola o villaggio si studia musica o c'è un coro amatoriale o professionista. ''E' però tra le due guerre mondiali che la tradizione coristica ceca ha avuto un forte impulso''. Sotto il comunismo, invece, cantare in un coro voleva dire libertà. ''Significava potere viaggiare e andare a Ovest'', ricorda con un sorriso Pospisilova, che in oltre trent'anni di attività ha formato tre generazioni di coristi. Anche per formarsi e studiare musica non c'erano grandi possibilità. ''Soltanto i figli degli alti dirigenti comunisti potevano andare all'estero. Per i figli dei funzionari di medio livello c'era al massimo un viaggio in Urss, mentre per tutti gli altri c'era unicamente la Cecoslovacchia''. Cantare in un coro voleva dire anche ''qualche sicurezza in più per i genitori che sapevano i loro figli a studiare musica''. Se questa sera alla basilica di Santa Maria Maggiore l'ensemble ceco porterà nel suo repertorio canti spirituali cattolici, ortodossi ed ebraici, all'epoca del regime la cosa non sarebbe stata tanto possibile. ''Sotto il comunismo - rimarca Pospisilova - anche i canti religiosi erano vietati. Ce la potevamo cavare quando si trattava di testi latini. Il regime non capiva o fingeva di non capire il latino e ci lasciavano stare''. E oggi? ''Dopo la rivoluzione di velluto - replica - l'interesse è scemato. Le possibilità di muoversi si sono moltiplicate. Ma dal 1995-96 abbiamo assistito a una rinascita. I giovani cechi tornano alle tradizioni''. (ANSA).

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