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Il 'nipote' di Tex a Praga, tre alberghi per Bonelli

Proprietario di tre hotel nella città d'oro

21 febbraio, 17:14
(ANSA) - PRAGA - La stella da ranger che brillava sul petto di Tex Willer per lui si è moltiplicata nel cielo della città magica: Praga. Porta un nome importante, Giorgio Bonelli, che evoca Far West e avventura. Lui è andato verso quello che era considerato il Far East, ma in realtà era ed è il cuore dell'Europa che riassaporava la libertà dopo la caduta del muro di Berlino e la rivoluzione di velluto di Vaclav Havel.

"Sono arrivato qui per caso", racconta Bonelli nel salone di un caffè elegantissimo, in stile barocco, con gli specchi che rimandano giochi di prospettiva e stucchi dorati. Quel caffè è suo, si chiama Alchymist ed è all'ingresso di un edificio del 1517 trasformato in hotel dove non c'è una stanza uguale all'altra e una Spa. Dicono i bene informati che sia il più bello di Praga, di una bellezza che non è ostentazione di lusso ma gusto e classe in tutti i particolari. Le stelle, qui, sono tante. Eppure Giorgio Bonelli, classe 1953, figlio di Gian Luigi "papà" di Tex, è l'esatto contrario di quello che ti aspetti. Capigliatura più sale che pepe, incredibilmente identica a quella di Beethoven (che abitava a poche centinaia di metri dal suo hotel-quartier generale del gruppo), occhi azzurro cielo, eloquio fluente, grande senso per gli affari addolcito da una filosofia di vita secondo cui è importante non prendersi troppo sul serio. "Ho chiamato questo hotel Alchymist - spiega - perché da un lato richiama l'atmosfera di magia legata a Rodolfo II, ma anche perché in ordine alfabetico arriva prima di tutti gli altri".

Nella capitale ceca è proprietario di tre hotel: l'Alchymist a due passi dal castello, l'omonimo sull'isola di Kampa e "La ballerina" nei pressi di piazza Carlo, vicino alla chiesa dei santi Cirillo e Metodio dove si consumò l'ultimo atto contro i paracadutisti cecoslovacchi protagonisti dell'uccisione dei Reichsprotektor, Reinhard Heydrich, la "belva di Praga". "Ho cominciato in un modo strano. Anche se venivo dal mondo immobiliare, affascinato dalla città decisi di comprarmi un piccolo appartamento a Mala Strana, tutto per me. Ma davvero piccolo". Altri tempi, quando con gli standard occidentali si potevano acquistare case al prezzo di un garage in Italia.

Per orientarsi in un mercato che semplicemente non esisteva, se non nei fatti, privo di agenzie e di ogni appiglio certo, chiese aiuto a un amico ceco di Milano, il cui padre, un famoso architetto, aveva abbandonato con la famiglia la Cecoslovacchia comunista. "Lui cercò di dissuadermi - dice con un sorriso -, temeva il ritorno del passato e per circa un anno e mezzo dall'affermazione della democrazia si rifiutò di rientrare in patria". Una mano gliela dette una scultrice, già anziana, di nome Jana, con la quale parlava in inglese e alla quale si ispirò per la prima società. I tempi del "sacco" immobiliare erano lontani. Ma poi quella casa si è trasformata in un residence e quindi in un palazzo bello, prestigioso e in una posizione da cui si vedono i tetti della città magica. "Me ne innamorai - ripesca nella memoria - in un giorno in cui c'era una specie di bufera di neve, Ponte Carlo era una pista candida dove non c'erano i passi di nessuno e le luci mi restituivano la vista del castello che sembrava tratto da una favola".

La società che si stava svegliando dal letargo del comunismo.

"Era difficile entrare subito in contatto con i cechi, ma sono un popolo tenace e con molte risorse. Il livello culturale è molto alto, ci si lavora bene".

Bonelli ha fatto studi classici, anche se l'università non ha segnato il suo destino come non l'ha segnato la tradizione familiare nel western all'italiana e nel fumetto internazionale.

"Certo, Tex è stato sempre presente nella mia vita. Ma io non me me occupo più da tanto, e neppure della società editrice". C'era il suo zampino nella sceneggiatura del film di Duccio Tessari, con Giuliano Gemma, che partì al botteghino facendo sfracelli e poi si affievolì. Era il 1985. "Se penso che lo presentarono al Festival di Venezia? per fortuna era fuori concorso". Praga è in qualche modo il suo buen retiro. L'Italia è "sempre nel cuore, e non potrebbe non essere così. Dispiace vederla in queste condizioni. Siamo bravi, abbiamo tutto, riusciamo a fare cose che gli altri non sanno fare, eppure il Paese non si riprende come dovrebbe e come potrebbe. Ma ce la faremo". (ANSA).

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