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L’Italia si è impegnata a impiegare il 37% delle risorse relative al Recovery Fund sull’obiettivo della ‘transizione verde’. Il lavoro da fare a questo punto è molto, ma ci sono progetti che hanno già preso il via negli anni 2014-2020 grazie ai 20 miliardi di euro messi a disposizione dall’Ue.
A partire dal parco solare di Ottana, in Sardegna, finanziato con oltre 12 milioni di risorse europee. L'obiettivo dichiarato è di promuovere la diffusione di forme di produzione distribuita di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili, abbattendo i costi di produzione e sperimentando un modello innovativo che un domani si potrà esportare. L'impianto per la produzione di energia solare sperimentale nel piccolo comune in provincia di Nuoro è il primo su scala industriale che integra le tecnologie solari esistenti e due tecnologie innovative di accumulo termico ed elettrochimico. Per questo ha ricevuto anche una menzione speciale nell’ambito del prestigioso premio della Fondazione Italiadecide.
Secondo Daniele Cocco, professore di Sistemi per l’energia e l’ambiente all’Università di Cagliari, il progetto di Ottana “è servito per sperimentare, per conoscere i punti di forza e di debolezza della tecnologia”. Il parco solare, rientrato nell’ambito dell’obiettivo di un’economia a bassa intensità di carbonio, ora rappresenta un caso affermato di buona pratica.
Si tratta di uno dei tanti esempi di investimenti nella crescita sostenibile del nostro Paese, destinati ad aumentare nei prossimi anni. L’Italia si è infatti impegnata a impiegare il 37% delle risorse relative al Recovery fund proprio nella transizione verso un’economia ‘verde’ a prova di futuro.
Anche gli strumenti designati dalla Commissione europea per la ripresa e la resilienza degli Stati membri si concentreranno sulla sfida dello sviluppo sostenibile. Il futuro delle politiche di coesione, e più in generale di tutte le politiche europee, sarà sempre più concentrato su questo obiettivo.
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Le Regioni italiane hanno fatto scelte diverse in merito alla quantità di fondi da allocare. La provincia autonoma di Bolzano è stato l’ente che più ha investito sul tema della crescita sostenibile rispetto alle risorse a disposizione: circa 317,1 milioni su 634,9 totali. Seguono la Sicilia, la Campania e la Calabria, con rispettivamente il 46, il 45 e il 37% dei fondi della programmazione. La Liguria è invece la Regione che ha investito di meno su questa sfida, con solo 197,4 milioni. Sul tema relativo all’adattamento del cambiamento climatico, le Regioni che hanno investito una quota più consistente (tra il 40 e il 43%) sono il Molise, l’Abruzzo e la Provincia Autonoma di Trento. Sull’economia a bassa intensità di carbonio, è il Friuli - Venezia Giulia ad allocare oltre il 50%. Sul tema della protezione ambientale, Trento e la Valle d’Aosta allocano la maggiore quota di risorse (oltre il 50%). Infine, soltanto Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata hanno investito nelle reti infrastrutturali.
Degli oltre 72 miliardi assegnati al nostro Paese nel quadro finanziario pluriennale 2014-2020, ben 4,9 miliardi sono stati andati all’economia a bassa intensità di carbonio per il periodo 2014-20. Il che fa dell'Italia il terzo beneficiario in Ue in questo ambito, dopo Polonia e Spagna.
“L’Europa ha sempre svolto un ruolo da apripista. Tutte le varie direttive che si sono succedute nel nostro settore ci hanno quasi forzato a seguire una certa strada”, aggiunge Cocco, che definisce le iniziative di Bruxelles “un bello stimolo” per le regioni italiane.
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