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A Venezia Isgrò, l'artista della cancellatura

Antologica alla Fondazione Cini per oltre 50 anni attività

Roberto Nardi VENEZIA

VENEZIA - Emilio Isgrò, pittore e poeta, ma anche romanziere, drammaturgo o regista, portatore di un percorso creativo ed estetico basato sulla "cancellatura", di quei segni neri a coprire le parole di libri, di mappe o carte geografiche, fin dagli inizi degli anni '60, ricorda, "in tempi in cui bisogna stare un po' attenti", che l'arte "non risolve i problemi, ma ha la capacità di segnalarli al momento giusto". L'artista, protagonista a Venezia di una mostra antologica alla Fondazione Cini con il contributo di Intesa Sanpaolo che ha anche prestato opere dalle proprie collezioni. L'esposizione dal 13 settembre al 24 novembre, a cura di Germano Celant (catalogo Treccani), affida da oltre 50 anni la creazione di nuove immagini, di nuove visioni, alla cancellatura, a quel segno, ora nero di pennarello ora fatto con il bianchetto, steso con cura a coprire ad una ad una le parole sui libri, lasciandone però alcune visibili, "libere" di creare forse nuovi testi rispetto a quello originario.

E' una esposizione particolare quella allestita nelle sale della Cini, dove al percorso delle opere si accompagna un allestimento che crea un ambiente-opera con le pareti coperte dalle pagine di "Moby Dick" di Herman Melville, su cui è l'artista è intervenuto con la "cancellatura". "Il tema che affronto per questa mostra alla Fondazione Cini a Venezia, città dove nel 1964 nacquero le prime cancellature - rileva Isgrò - non può che essere quello del linguaggio. Per questo mi è parso necessario ricorrere alla tradizione biblica filtrata dal Moby Dick". "E' l'opera cancellata di Melville - aggiunge - a contenere quindi tutte le altre e chi entra alla mostra si lascerà accompagnare nel ventre della balena, ovvero ne ventre del linguaggio mediatico che copre con il rumore il proprio reale e disperante silenzio". Un ambiente dove la cancellatura diventa energia per cercare la parola, per comprendere la nuova immagine, in un rapporto-dialogo continuo tra pittura e poesia.

Il percorso espositivo si snoda lungo una linea che parte delle prime esperienze di cancellatura, quando Isgrò era responsabile culturale de "Il Gazzettino", e si sviluppa attraverso le poesie visuali su tele emulsionate, le Storie Rosse, agli interventi sui volumi dell'Enciclopedia Treccani o ai Codici ottomani. Ci sono piccoli lavori, pagine singole, od opere monumentali, come "Il Cristo cancellatore" (1968), installazione composta da 38 volumi cancellati, fino ai sei volumi del "Corpus Iustinianeum" (2018), ma anche mappe e mappamondi. Quale libro manca? "Nessuno. Manca - dice, forse pensando a casa - la biblioteca perché li ho cancellati tutti".

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