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Società & Diritti

Oxfam, 1% Paperoni come 99% mondo, divario sale /VIDEO

Ogni 2 giorni 1 nuovo miliardario. Un giorno da ad in Usa equivale a paga annuale suo impiegato

Ayinkamiye Josepha (left) works on the Tuzamurane cooperative pineapple farm in Eastern Rwanda,Kirehe District. ANSA/Aurelie Marrier d'Unienville/Oxfam © ANSA
  • di Corrado Chiominto
  • ROMA
  • 22 gennaio 2018
  • 19:11

Ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri. Il divario cresce, nel mondo e anche in Italia. L'1% più ricco della popolazione mondiale continua a possedere quanto il restante 99%. Ma si arricchisce sempre di più: l'82% dell'incremento di ricchezza netta registrato nel mondo tra marzo 2016 e marzo 2017 è andato in tasca a questi Paperoni. Nemmeno un centesimo, invece, è finito alla metà più povera del pianeta, che conta 3,7 miliardi di persone. Il contrasto è evidente visto che, conti alla mano, ogni due giorni si registra l'arrivo di un nuovo miliardario.
    L'ong britannica Oxfam ha pubblicato un nuovo rapporto sulla ricchezza nel mondo in occasione del World Economic Forum di Davos, che vede riuniti nella cittadina svizzera il gotha mondiale dell'economia e della politica. ''Ricompensare il lavoro, non la ricchezza'', è il titolo del report che utilizza i dati elaborati dal Credit Suisse tenendo conto di nuove informazioni che arrivano sui nuovi ricchi di Russia, Cina e India.
    Il rapporto si sintetizza in due parole: ''miseri e disuguali''.

In questo video di Oxfam la disuguaglianza risolta dai bambini: 

"Un miliardario ogni due giorni non è sintomo di un'economia fiorente se a pagarne il prezzo sono le fasce più povere e vulnerabili dell'umanità", afferma la presidente di Oxfam Italia, Maurizia Iachino. La sezione italiana dell'organizzazione, in vista delle elezioni politiche italiane, ha inviato una lettera ai candidati premier: un'indagine realizzata da Demopolis per l'organizzazione indica che il 61% degli italiani percepisce una crescita della disuguaglianza nel Paese. Per questo la lettera propone interventi su fisco, lavoro, spesa pubblica.
    L'Italia è infatti parte integrante della fotografia mondiale che vede contrasti. La ricchezza è sempre più concentrata in poche mani. A metà 2017 il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta, il successivo 20% ne controllava il 18,8%, lasciando al 60% più povero appena il 14,8% della ricchezza nazionale.
    In Italia - è un'altro dei dati allarmanti - la quota di ricchezza dell'1% più ricco degli italiani supera di 240 volte quella detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione. Il divario, poi, cresce. Nel periodo 2006-2016 la quota di reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuita del 28%, mentre oltre il 40% dell'incremento di reddito complessivo registrato nello stesso periodo è andato al 20% dei percettori di reddito più elevato.
    Cosi' nel 2016 - gli ultimi dati confrontabili disponibili - l'Italia occupava la ventesima posizione su 28 paesi Ue per la disuguaglianza di reddito disponibile.
    L'indice di Oxfam, in quest'ultimo rapporto, è puntato sul lavoro, sempre più sotto-retribuito e precario, pieno di abusi e rischi. "Basta pensare - spiega Maurizia Iachino - che oggi il 94% degli occupati nei processi produttivi delle maggiori 50 compagnie del mondo è costituito da persone ''invisibili' impiegate in lavori ad alta vulnerabilità senza adeguata protezione''. Un dato rende bene il paradosso di un lavoro meno pagato della ricchezza. Nel settore dell'abbigliamento gli azionisti dei cinque principali ''marchi'' hanno riscosso nel 2016 dividendi per 2,2 miliardi di dollari: basterebbe un terzo di questa cifra per garantire un salario dignitoso a 2,5 milioni di vietnamiti che lavorano nello stesso settore, producendo un capo che magari ora stiamo indossando. Ma il divario è anche tra lavoro e lavoro: basta un giorno da amministratore delegato in Usa per guadagnare quanto un lavoratore della stessa compagnia in un solo anno. Proprio per questo, tra le proposte di Oxfam, c'è quella di porre un tetto ai superstipendi dei top manager per impedire che il divario superi il rapporto 20 a 1.
   

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