Aifa, 29 morti per la Ru486, 17 per Interruzione volontaria di gravidanza
Rasi, gli eventi avversi sono probabilmente superiori alla pratica chirurgica
21 ottobre, 18:39
ROMA - I casi documentati di morte a causa della somministrazione della pillola abortiva Ru486 sono 29, ma solo 17 sono in relazione all'interruzione volontaria di gravidanza. Lo ha detto il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Guido Rasi, precisando inoltre che "probabilmente gli eventi avversi correlati alla Ru486 sono superiori alla pratica dell'aborto chirurgico". I casi di morte documentati, ha spiegato Rasi nel corso di un'audizione in commissione Sanità al Senato, "sono 29, ma 12 sono riconducibili ad un uso off-label del farmaco: si tratta cioé di un uso del farmaco per il quale non c'é indicazione; in questo caso, il mifepristone è stato utilizzato in sperimentazioni in funzione anti-cancro e 12 decessi sono stati legati alla malattia tumorale". Negli altri 17 casi, ha detto Rasi, "il farmaco è stato usato a scopo di interruzione di gravidanza, ma l'attribuzione al mifepristone dei decessi è risultata altamente improbabile ed alcune delle morti sarebbero attribuibili al secondo farmaco, ovvero alle prostaglandine". In altri termini, ha tenuto a precisare Rasi, "la mortalità, con una corretta applicazione di utilizzo del farmaco, ha un denominatore pressoché identico a quello dell'aborto chirurgico". Rasi ha quindi sottolineato che "l'aborto farmacologico è un aborto a tutti gli effetti, ma il fatto che sia indotto da un farmaco implica eventi avversi probabilmente anche superiori alla pratica chirurgica". Quindi, ha commentato, "penso che tale pratica sia piuttosto complessa, con un allungamento dei tempi di espletamento che non è un fattore positivo". Gli eventi avversi, ha affermato Rasi, sono soprattutto sanguinamento e dolori importanti e tali effetti "vanno aumentando geometricamente a partire dalla settima settimana di gestazione; da qui le limitazioni temporali d'uso decise". L'aborto chirurgico, ha concluso il direttore generale Aifa, "é comunque meno preferibile nelle età molto giovani".