Bosnia: nuove proteste a Sarajevo, si dimette il premier del cantone
Lascia il premier del cantone, Suad Zeljkovic. Manifestazioni anche a Biach
08 febbraio, 18:29Correlati

All'indomani dei violenti tumulti popolari di ieri, a Sarajevo si e' dimesso nel pomeriggio il premier cantonale, Suad Zeljkovic. La notizia e' giunta mentre circa duecento persone sono tornate a manifestare davanti al palazzo della presidenza bosniaca chiedendo le dimissioni della dirigenza e il rilascio dei dimostranti arrestati ieri. Lo ha reso noto la Tv di Sarajevo. Dopo le violenze e l'incendio appiccato alla presidenza e alla vicina sede del Cantone, la polizia ha fermato 37 persone, di cui 6 minorenni. Inoltre, sono stati sequestrati 12 chilogrammi di sostanze stupefacenti (metamfetamina) che alcuni hanno cercato di spacciare tra i dimostranti. Negli scontri di ieri a Sarajevo sono rimasti feriti 144 agenti, di cui 12 in modo grave, sono stati danneggiati gli equipaggiamenti e bruciate tre automobili della polizia. Nuove proteste anche a Biach.
Distrutto archivio statale - Nell'incendio che ieri sera i manifestanti hanno appiccato al palazzo della presidenza bosniaca a Sarajevo è andato distrutto un deposito dell'archivio statale che era uscito finora indenne da tre guerre e che conteneva materiale di grande valore risalente al periodo austroungarico. Il direttore dell'Archivio, Saban Zahirovic, ha annunciato oggi che purtroppo l'acqua con cui i vigili del fuoco hanno spento le fiamme nel palazzo, è penetrata anche in uno dei depositi sotterranei distruggendo altri documenti. "E' un crimine, è tanto triste tutto questo", ha detto Zahirovic, augurandosi che la polizia riesca a individuare i responsabili dell'incendio
La protesta popolare era esplosa ieri con violenza, contro crisi economica e povertà, ma la notte era trascorsa sostanzialmente tranquilla e senza nuovi incidenti. A Sarajevo, Tuzla, Mostar vi e' l'odore acre del fumo che ancora si leva dai palazzi governativi dati ieri alle fiamme in drammatica sequenza da migliaia di manifestanti esasperati per la mancanza di lavoro e di prospettiva economica.
Obiettivo delle proteste anche la corruzione e l'inefficienza della classe politica, ritenuta responsabile dello stallo e dell'immobilismo che ritardano le riforme e il cammino europeo della Bosnia-Erzegovina, fanalino di coda tra i Paesi della ex Jugoslavia. Il bilancio degli scontri di ieri e' di centinaia di feriti, piu' della meta' poliziotti, una quindicina dei quali sono ricoverati in gravi condizioni. Decine gli arresti fra i dimostranti, fra i quali si sono infiltrati gruppi di hooligan del tifo calcistico piu' violento, come spesso avviene nei Balcani.
Sede governo Sarajevo distrutta - La sede del governo cantonale a Sarajevo e' stata interamente distrutta dalle fiamme all'interno, e ancora stamane vi era un focolaio d'incendio. I vigili del fuoco hanno lavorato tutta la notte per domare le fiamme appiccate anche al palazzo della presidenza collegiale bosniaca. A Mostar e' tornata la calma ma la polizia ha arrestato alcuni responsabili dei disordini, compreso un leader sindacalista. Anche a Tuzla, dove la protesta ha preso il via nei giorni scorsi, non si registrano nuovi incidenti. A Sarajevo - che in questi giorni, in coincidenza con i Giochi di Sochi, ricorda le Olimpiadi invernali ospitate esattamente trenta anni fa - in tanti hanno invece rivissuto le scene drammatiche della guerra che tra il 1992 e il 1995 causo' 100 mila morti e due milioni di profughi. Ma le violenze di queste ore, innescate dalla protesta sociale, non mostrano al momento alcuna connotazione né divisione etnica.
La Bosnia, ancora sotto shock dopo le devastazioni durante le proteste sociali scoppiate in tutta la Federazione Bh (entità a maggioranza croato musulmana di Bosnia), sta cercando faticosamente a tornare alla normalità. Nessuna autorità ha ancora provato a fare le stime dei danni provocati e pochi leader politici che hanno commentato finora gli eventi, affermando in coro che le proteste possono essere comprese, ma che "nulla può giustificare violenze e vandalismi". Per l'esponente musulmano della presidenza tripartita Bakir Izetbegovic "la violenza non è una soluzione, ma almeno obbligherà i politici ad affrontare più seriamente la situazione nel Paese". Quello che sorprende gli analisti è la blanda reazione della comunità internazionale impegnata in Bosnia: le ambasciate occidentali e l'Alto rappresentante Valentin Inzko si sono limitati a esprimere sostegno alla democrazia e alla libera espressione dello malcontento, ma condannando la violenza. Nessuno dei governanti locali, del resto, ha avuto il coraggio di affrontare i manifestanti. Gli esecutivi cantonali di Zenica e Tuzla, secondo le richieste dei dimostranti, si sono comunque dimessi ieri.