16/2: G20, spenta guerra valute ma no accordo debito
Visco: riforme per competitività. Grilli, recessione non sorprende
18 febbraio, 08:46di Claudio Salvalaggio
Il G20 di Mosca, il primo sotto la presidenza russa, spegne il principio d'incendio della cosiddetta 'guerra delle valute', negata finora da tutti i big delle principali istituzioni finanziarie internazionali, da Draghi (Bce) a Lagarde (Fmi). Ma dribbla la questione della riduzione dei deficit pubblici, spianando la strada ad un possibile allentamento del rigore delle politiche di bilancio per fronteggiare una crescita globale "ancora troppo debole", con una "disoccupazione inaccettabilmente alta in molti Paesi". Nel comunicato finale di sei pagine, elaborato all'ombra delle mura del Cremlino dopo due giorni di lavori dei ministri delle finanze e dei governatori centrali delle 20 economie più forti del mondo, non ci sono ricette concrete per la ripresa salvo l'impegno a evitare il protezionismo e le svalutazioni competitive ma le linee di un programma da lanciare al summit del G20 a San Pietroburgo all'inizio di settembre. Il mantra è sempre lo stesso: riforme strutturali, come auspicato anche dal governatore della banca d'Italia Ignazio Visco che ripete come la ripresa in Europa arriverà solo a metà 2013. L'uscita dalla crisi "sarà difficile" gli fa eco il ministro dell'Economia Vittorio Grilli che ricorda come la recessione per il nostro paese nel 2012 certificata da Eurostat nei giorni scorsi "non è stata una sorpresa". Ma per ora l'unico risultato della riunione inaugurale del G20 è stato mettere il silenziatore alla 'guerra delle valute', trovando un compromesso tra i Paesi più timorosi del deprezzamento dello yen, come la Francia, ed altri Paesi che in passato hanno praticato la stessa politica (Usa e Cina). Se il G7 si era espresso per cambi "determinati dal mercato", il G20 si propone di arrivare "più rapidamente" a questo sistema, auspicando una collaborazione "più stretta". Ma ribadisce, con una maggiore durezza rispetto al precedente vertice, l'impegno a "non usare i tassi di cambio a scopi competitivi", ad "astenersi da ogni forma di protezionismo" e a "mantenere i mercati aperti".
Tokyo comunque non viene messa all'indice. La colpa della recessione mondiale, secondo il G20, dipende "dall'incertezza politica, dal deleveraging privato, dal fiscal drag, dalla ridotta intermediazione creditizia, come pure dall'incompleto ribilanciamento della domanda globale". Da qui l'invito a continuare a costruire "una più forte unione economica e monetaria" nell'Eurozona, a risolvere "le incertezze legate alla situazione fiscale negli Usa e in Giappone", a "rafforzare le fonti domestiche di crescita nei Paesi con surplus", come la Germania o la Cina, anche se i due Paesi non sono menzionati. L'obiettivo di dimezzare i deficit pubblici entro il 2013, adottato nel 2010 dal G20 di Toronto, è evaporato: nessun riferimento a scadenze e cifre. Un segnale che la crisi costringe a diluire in tempi più lunghi il rigore ma, ha ammonito il ministro delle finanze italiano Vittorio Grilli, "rigore e crescita non sono antagoniste, sono sinergiche, non c'é l'uno senza l'altra". Uno degli strumenti di crescita incoraggiati dal G20, e tra le priorità della presidenza russa, è il finanziamento a lungo termine per gli investimenti, comprese le infrastrutture: secondo un rapporto, alcuni attori, tra cui i mercati locali delle obbligazioni, i mercati dei capitali domestici, gli investitori istituzionali, avrebbero spazio per giocare un ruolo più ampio in questa direzione. Per questo si è deciso di creare un gruppo di studio ad hoc. Quanto alla regolazione del mercato finanziario, il G20 ha chiesto di completare al più presto l'adozione delle riforme di Basilea-3 e l'attuazione delle riforme dei 'derivati': il punto finale verrà fatto nel summit di San Pietroburgo, dove si attendono anche raccomandazioni "sulla supervisione e la regolazione nel settore delle 'banche ombra'". Nel settore fiscale, su proposta dell'organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (Ocse), è stato deciso di adottare misure "contro l'erosione della base impositiva e il trasferimento dei profitti": le multinazionali sono avvisate. Infine la riforma del Fmi: Mosca ha strappato l'impegno a rispettare la scadenza del prossimo gennaio per la revisione delle quote, in modo da "riflettere meglio il relativo peso dei Paesi membri del Fmi nell'economia mondiale".