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Team New Zealand e il velista artificiale

Coppa Days After

Responsabilità editoriale Saily.it

UNO DEI SEGRETI VINCENTI DEI KIWI E’ UN ROBOT! ECCO CHI ERA E COSA HA FATTO – Un piccolo bot basato sull’intelligenza artificiale, che ha imparato a navigare e a testare le soluzioni progettuali liberando dall’impegno i velisti. “All’inizio lo prendevano in giro, poi hanno visto che ciò che faceva funzionava anche in acqua”

 

Il quotidiano neozelandese New Zealand Herald riporta un interessante approfondimento alla scoperta dei segreti vincenti del defender in Coppa America. L'asso nella manica del Team New Zealand nella sua difesa vincente dell'America's Cup potrebbe essere stato un “velista” che non è mai stato visto in acqua ma che ha fatto più miglia di tutto l'equipaggio della barca vincitrice Te Rehutai.

Non aveva il profilo di Peter Burling o Blair Tuke e non è riuscito a spruzzare champagne sul palco alle presentazioni dei trofei di mercoledì. Ma i suoi sforzi instancabili sono stati influenti, se non decisivi, nella vittoria per 7-3 del Team New Zealand contro l'italiana Luna Rossa.

Il misterioso marinaio era un bot, abbreviativo ormai acclarato per indicare un robot o comunque una creazione di intelligenza artificiale che si è trasformata di fatto in un marinaio virtuale. Ha svolto il suo lavoro decisivo nel simulatore computerizzato su cui i progetti di foil vincenti del Team New Zealand sono stati testati e provati.

Si dice sempre che il tempo è fattore cruciale, fondamentale nelle campagne di Coppa America e il Team New Zealand ha collaborato con la società di consulenza McKinsey & Company e la sua controllata QuantumBlack per trovare una soluzione di intelligenza artificiale per massimizzare l'uso del simulatore, che peraltro è stato alla base anche della preparazione di Luna Rossa.

La soluzione di McKinsey è stata sviluppare un bot AI che potesse imparare a usare il simulatore da solo, senza che i velisti dovessero essere presenti. "Quello di Team New Zealand è senza dubbio il simulatore di vela più avanzato al mondo e per questo motivo nel team sono molto fiduciosi di ottenere dati davvero buoni che sono poi applicabili sull'acqua'', ha detto il senior partner di McKinsey Brian Fox all'Associated Press dal New Jersey.

“Il guaio è che per far funzionare il simulatore ci vuole tutto il pozzetto della barca. Devi avere timoniere, tattico, Peter Burling, Blair Tuke e gli altri controller chiave, a seconda di come hai impostato il pozzetto e le manovre, almeno quattro di loro nel simulatore che lavorano insieme per registrare una corsa. "E quando i progettisti mettono un foil nuovo, i velisti devono uscire dall'acqua e testarlo, e devono fare un sacco di prove e regate sul simulatore per ottenere dati coerenti."

Fox, che è anche un appassionato velista, ha detto che la soluzione di McKinsey era "essenzialmente togliere i velisti da questa incombenza". "E il modo in cui l'abbiamo fatto è costruire un bot basato sull’intelligenza artificiale in grado di navigare nel simulatore al posto dei velisti. E infatti impara a navigare con il simulatore meglio di quanto possano farlo i velisti stessi. Li supera costantemente nella maggior parte dei range di vento.

“Il simulatore mi lascia a bocca aperta. Contro Pete ci ha messo un po', ma è andato sempre meglio. È importante sottolineare che lo fa molto rapidamente, più velocemente di quanto qualsiasi velista possa fare regata dopo regata dopo regata…''

Il leader del progetto Nicolas Hohn, più a suo agio nelle Alpi francesi che sull'acqua, ha affermato che le capacità di apprendimento senza precedenti del bot hanno notevolmente accelerato il processo di progettazione. "Quello che hanno scoperto nelle campagne precedenti è che è sempre verso la fine di quella campagna che arrivano al design di base", ha detto. "L'idea qui è stata di arrivare al progetto di base più velocemente e poi andare avanti e vedere fino a che punto si poteva spingere e migliorare quel progetto.''

McKinsey ha utilizzato un processo estremamente avanzato chiamato “reinforcement learning” (alla lettera apprendimento per rinforzo) per consentire al bot di imparare dai propri errori. "Fondamentalmente si vuole insegnare a un computer come navigare nel miglior modo possibile con un determinato progetto di barca nel simulatore", ha detto Hohn. "E il meglio possibile è davvero importante perché se il computer non è buono come i velisti non ha alcun valore nel farlo perché vogliamo classificare i progetti."

Nell'apprendimento per rinforzo, il bot viene premiato quando naviga bene. "Questa componente della ricompensa diventa davvero importante perché l'apprendimento per rinforzo è un modo di apprendere che è molto, molto generico ed è molto simile in un certo senso a come lo farebbero gli umani", ha detto Hohn.

“Se pensi che da bambino stai cercando di imparare a camminare e all'improvviso la gravità ti tirerà giù, questa è una specie di ricompensa negativa. E poi ti alzi di nuovo e lentamente ma inesorabilmente impari a bilanciarti. Inizi a gattonare, lavori e alla fine corri. È molto simile al modo in cui il nostro programma impara effettivamente a navigare. Inizi imparando cose molto semplici come andare in linea retta senza vento e poi lentamente ma inesorabilmente aggiungi più complessità.''

Prima il bot ha imparato dai velisti, poi è toccato ai campioni della vela imparare dal bot. "È molto interessante", ha detto Fox. “Inizialmente in certe manovre, con certe velocità del vento il bot avrebbe eseguito le manovre in modo diverso dai velisti. Sulle prime i velisti l'hanno preso in giro, ma poi hanno iniziato a prestarci molta attenzione e hanno iniziato a provarlo sull'acqua e hanno scoperto che in effetti ciò che lui faceva funzionava anche sull'acqua.''

Fox ha elogiato la ricettività del Team New Zealand nei confronti di una nuova tecnologia. "Ci sono alcune cose che ho davvero apprezzato nel lavorare con il Team New Zealand", ha detto Fox. “Uno è che tutti imparano costantemente. Si sforzano costantemente di migliorare, sfidare le ipotesi e ottenere il maggior numero di informazioni possibili da tutto ciò che fanno.”

Responsabilità editoriale di Saily.it