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Cino Ricci: io sto a casa! La lezione del marinaio

#VIPORTIAMOLAVELA - CONTENUTI SPECIALI DI VELA ANTIVIRUS

Responsabilità editoriale Saily.it

VELISTI SENZA VELA: RACCONTI (E CONSIGLI) PER RESISTERE E RIPARTIRE - ESCLUSIVO: PARLA IL VELISTA PIU' FAMOSO D'ITALIA! Cino Ricci è nella sua Ravenna e dispensa consigli: "Sulle barche da lavoro e da pesca quando arrivava la tempesta ci si chiudeva dentro, si accendeva la lucina al santo protettore, e si aspettava..." E cita Garibaldi: "Nell'emergenza, obbedisco!" /PRIMA PARTE: SEGUONO TANTE TESTIMONIANZE DAL MONDO DELLA VELA. DITECI LA VOSTRA

 

Per affrontare gli obblighi della pandemia, il grande Cino Ricci, il volto velico più famoso d'Italia, persino imitato da Teo Teocoli, è sceso dal suo buen retiro tra le montagne appenniniche, ed è al caldo sicuro della sua casa a Ravenna. Rughe, barba e piglio sono sempre gli stessi, quelli di una carriera lunga come un oceano tra yacht d'altura e Admiral's Cup, primo a portare l'Italia in Coppa America con Azzurra, telecronista e cantore di tutte le altre sfide più importanti, Il Moro di Venezia, Luna Rossa, Mascalzone Latino, patron per venti anni dell'epopea nautica popolare del Giro d'Italia a Vela. Oggi, come tutti, il nume tutelare della vela all'italiana è chiuso in casa.

Come vivi questi momenti, Cino?

"Faccio come Garibaldi: obbedisco! L'ho dovuto fare, non è così?"

Siamo in una tempesta, quali sono le pillole di saggezza dei vecchi marinai per uscirne fuori?

"Io vengo dalle barche da lavoro, le barche da pesca. I chioggiotti, quelli che sono sempre andati in mare con qualsiasi tempo, quando arrivava la sburianata, chiudevano tutti i boccaporti, si mettevano dentro, e accendevano il lumino, che era una candela, davanti alle immagini dei santi protettori delle loro città che tenevano sottocoperta. E aspettavano!"

Obbedire garibaldinamente con senso civico e patriottico, e resistere sottocoperta con la pazienza dei marinai: una ricetta perfetta per i tempi del coronavirus. Quando pensi che passerà questa tempesta?

"Io dico che non finisce presto. Lo hanno detto gli scienziati dichiarando che questa non era più una semplice epidemia ma era diventata una pandemia: storicamente le pandemia sono lunghe da passare. L'ultima che ricordo è stata la Spagnola, che tra il 1918 e il 1920 è andata avanti un bel po' e ha ammazzato un sacco di gente."

La speranza è che oggi il mondo possa essere più preparato ad affrontare la minaccia, la scienza è andata avanti, la medicina e l'organizzazione sono moderne e attrezzate...

"Il fatto è che i tempi della scienza sono lunghi, prima di poter fare milioni di medicinali, trovare una cura e un vaccino ci vogliono mesi e anni, serve la sperimentazione, non è una cosa semplice... Proviamo a darci dei riferimenti temporali, delle scadenze, dei picchi, per darci un po' di ottimismo comunque, come giusto che sia. Ma dentro di noi tutti sappiamo che non potrà essere come spegnere la luce con un interruttore."

Lo sport e la vela stanno rivoluzionando i calendari, settimana dopo settimana si sta cancellando tutto...

"Io credo che le Olimpiadi non si faranno, a meno che non siano degli irresponsabili! Mi dispiace per i giapponesi, ma come cavolo fai a pensare di fare le Olimpiadi in luglio... Sento parlare di rinvio di uno o due anni. Sarebbe più logico e sarebbe giusto che lo dicessero subito. Ci sono di mezzo tanti soldi investiti e quindi aspettano a dirlo, ma non credo che potranno andare avanti ancora a lungo."

E l'America's Cup come la vedi?

"La vedo meglio, dovremmo farla nel 2021, c'è ancora un po' per provare a resistere. Ma guarda quello che è successo a Cagliari, gli inglesi sono scappati subito, il virus fa paura. Le date di Cagliari erano impossibili, ad aprile, in piena pandemia: impossibile pensare a pubblico, team, barche. Spiace per la città, era un'occasione bellissima. Rispetto al calcio la Coppa America è niente come popolarità, se annullano l'Europeo del pallone, tantopiù inevitabile annullare la vela."

I velisti, abituati ad andar per mare, durante la quarantena non possono neanche uscire in barca. Un velista che deve passare il tempo solo sognando la barca, come puo' passare il tempo e mantenersi vicino alla vela? I consigli di Cino.

"Finalmente si possono leggere i libri! Ce ne sono un sacco di libri di mare e di vela. Se li puo' far mandare, se li fa prestare. E poi in casa oggi c'è un meccanismo favoloso che è Internet, dentro c'è Google al quale possono chiedere qualsiasi cosa e possono vedere tutte le regate che si sono fatte, le più grandi e famose, le imprese di mare. Se le puo' andare a vedere perchè sono là, su Google. E poi ci si puo' sempre innamorare di altro, come è successo a me..."

Prego?

"Ultimamente mi sono innamorato della montagna. Non è la vela ma ha tante analogie. Ho grandissimi orizzonti per imparare, documentarmi su un sacco di cose. Sulle scalate sull'Himalaya, su scalatori come eroi... La vela ce l'ho dentro nel sangue, ormai non mi emoziona. Invece le storie di questi scalatori che vanno oltre quelle che sono ritenute le possibilità umane, oltre i settemila e gli ottomila metri, quelle mi emozionano. Mettiti a cercare e vedrai. Lo consiglio a tantissimi amici velisti."

Ci sono tante analogie tra il mare e la montagna, tra la vela e l'alpinismo.

"Certo. Anzi, io dicevo che era peggio la situazione di un velista in condizioni estreme, che quella di uno scalatore, finchè non sono arrivato a leggere cosa vuol dire andare oltre i 7.500 metri dove anche restando seduto e fermo, muori. Lentamente, ma muori. Anche se hai l'ossigeno, il mangiare. Muori lo stesso, perchè il fisico si mangia da solo dentro. Quella è la zona della morte, dove più di tanto non puoi restare. Tutto questo mi appassiona. Prima ero rimasto agli scalatori delle Alpi, che se arriva la tempesta piantano due chiodi e aspettano che passi. Così fanno da noi, sotto i cinquemila che ci sono in Italia, dove arrivano ancora gli elicotteri. Sull'Himalaya l'elicottero non ci arriva: l'aria è talmente sottile e rarefatta che lui non si sostiene."

Come la vela estrema, c'è la ricerca dei limiti, la sfida a se stessi e alla natura...

"Io quando avevo vent'anni, mi ero iscritto alla scuola di roccia degli Scoiattoli di Cortina d'Ampezzo. Mi hanno fatto fare una prova e l'istruttore mi ha detto: non è il mestiere tuo! Se fosse andata diversamente, chissà, non avrei deviato verso la barca, sarei andato per i monti. Ma non rimpiango il destino."

Sei il volto stesso della vela in Italia. Un tuo messaggio a tanti giovani e giovanissimi velisti, i teenager del mare, anch'essi costretti in casa questi giorni, senza poter andare in barca. Cosa gli diresti per aiutarli a guardare avanti oltre questo momento?

"Mettete un tappeto per terra, e fate della ginnastica con le movenze che fareste in barca, gli addominali, le gambe, le braccia. Come faceva Paul Elvstrom, che passava l'inverno senza poter uscire col mare ghiacciato, a rinforzarsi il fisico per essere più forte degli altri nella stagione delle regate. Io stesso, in cantina fissavo una corda di canapa e allenavo le mani da velista: sfregandole sulla cima e provando a issarmi, finchè non venivano i calli e alla fine avevi le mani pronte per la primavera in mare. Oggi ci sono attrezzi ben più specifici, oltre a bicicletta, vogatore. Il lavoro fa passare il tempo. Per il resto ci vuole un'altra dote: la pazienza."

Che oggi nei giovani sembra scarseggiare.

"Ho riletto di recente un articolo che avevo scritto almeno venti anni fa, nel quale rilevavo che oggi dopo le scuole di vela i giovani vengono subito indirizzati verso l'attività agonistica. Quasi tutti quelli che si avvicinano alla vela sono votati alla competizione. E questo non fa apprezzare una dote come la pazienza, che il mare ti insegna e che della vela è un ingrediente fondamentale e anche educativo. Se sei in mare e non c'è vento, sai che devi aspettare, tanto verrà. La pazienza la professi e fa avverare le cose. Oggi è tutto così burrascoso e veloce, che molti non riescono ad apprezzare quello che il mare e la vela ti insegna. Questi sono pensieri di uno che ha un bel po' di anni."

Poi Cino parla ancora a lungo, ancora di Coppa America, poi del Giro d'Italia (su questo tema Saily sta preparando un servizio illuminante di prossima uscita), e ancora di montagna. Mari e monti, amori che vanno e vengono. L'universo senza frontiere di un arzillo ottantaseienne chiuso in casa dal coronavirus, che obbedisce garibaldinamente, e chiude i boccaporti accendendo un cero al santo protettore come i pescatori chioggiotti nelle tempeste. Avercene, di Cino Ricci.

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