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La notte della resa dei conti

Redazione ANSA

Russia e Iran sono in campo per sabotare le elezioni presidenziali americane. I vertici degli 007 Usa e dell'Fbi lanciano l'allarme a dodici giorni dal voto e poche ore prima dalla resa dei conti finale tra Donald Trump e Joe Biden, l'ultimo duello tv davanti a milioni di americani incollati allo schermo. Una sfida al veleno fatta di accuse reciproche e colpi bassi, con il presidente indietro nei sondaggi e davanti all'ultima chance per recuperare punti sull'avversario, e il candidato democratico costretto a difendersi dalle accuse di corruzione per via delle presunte e-mail del figlio Hunter. Mai il clima a ridosso dell'Election Day è stato così rovente. Ne è la dimostrazione anche la conferenza stampa convocata a sorpresa dal direttore della National Intelligence, John Ratcliffe, e dal numero uno del bureau investigativo federale, Cristopher Wray. Una mossa inusuale che dà il senso dell'allerta massima attorno al voto del 3 novembre, anche se non mancano le polemiche. Polemiche per il rischio di creare ulteriori polveroni dopo che Trump ha più volte agitato lo spettro di elezioni truccate, mettendo in dubbio in caso di sconfitta una transizione pacifica. Per Ratcliffe, ex deputato repubblicano nominato da Trump ai vertici dei servizi e mal visto dai democratici, Mosca e Teheran avrebbero ottenuto informazioni sulle liste elettorali americane, dati che potrebbero essere utilizzati per interferire sul processo democratico del voto. In particolare l'Iran avrebbe già usato queste informazioni per intimidire gli elettori con l'obiettivo - ha spiegato il capo degli 007 - di seminare confusione e possibilmente innescare disordini in alcuni degli Stati chiave per l'esito del voto. In almeno quattro di questi, tra cui Florida e Pennsylvania, sostenitori democratici avrebbero quindi ricevuto delle e-mail intimidatorie, falsamente attribuite al gruppo di estrema destra Proud Boys: "Se non voti Trump ti daremo la caccia", si minaccia. Intanto l'ira del presidente contro il ministro della Giustizia e il capo dell'Fbi non si placa, tanto che l'inquilino della Casa Bianca starebbe già pensando di silurarli in caso di vittoria il 3 novembre. Barr e Wray, agli occhi di Trump, sono rei di non aver affondato contro i Biden, non aprendo a pochi giorni dal voto un'indagine sui presunti affari della famiglia dell'ex vicepresidente in Ucraina e in Cina, come riportato dal tabloid New York Post. Insomma, il presidente avrebbe voluto sferrare un colpo letale al rivale come accadde nel 2016 con l'annuncio a undici giorni dal voto delle indagini sulle e-mail di Hillary Clinton fatto dall'allora capo dell'Fbi James Comey. La frustrazione del presidente, poi, sarebbe legata anche ai mancati sviluppi della contro inchiesta sulle origini del Russiagate, da lui ritenuto un complotto dell'amministrazione Obama contro la sua campagna. Comunque vada Trump sta però per mettere a segno una delle mosse fin qui più importanti della sua presidenza: la nomina della giudice Amy Barrett alla Corte Suprema, dando al massimo organo giudiziario Usa una fortissima connotazione conservatrice. La nomina è stata approvata dalla commissione Giustizia del Senato che, di fronte al boicottaggio dei democratici, ha accelerato l'invio all'aula del Senato che dovrebbe dare il via libera definitivo lunedì. Intanto Biden per la prima volta lancia l'ipotesi, in caso di vittoria, di una commissione di esperti bipartisan per studiare l'ipotesi di allargare l'organo costituzionale.(ANSA).

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