Squadra governo, le prime scelte 'rosa'

Redazione ANSA

Con la nomina della 44enne governatrice del Sud Carolina Nikki Haley come prossima ambasciatrice Usa all'Onu e quella di Betsy Devos a ministro dell'Istruzione, Donald Trump annuncia le sue prime scelte 'al femminile', per un'amministrazione e un governo i cui connotati restano tuttavia ancora poco definiti. A partire dal reale programma, dopo la retromarcia su Hillary Clinton, sul clima e il silenzio sul muro col Messico. Cominciano così a montare malumori tra quei sostenitori che il tycoon lo hanno voluto proprio per quelle posizioni più nette e radicali, nella promessa di fare l'America "di nuovo grande". Nessun malumore su Haley però, che pure in principio di Trump era stata una grande critica. Intanto nelle primarie aveva appoggiato Marco Rubio, al punto che si era parlato di un possibile 'dream team' per i due giovani e brillanti politici, suggestione poi soffocata dall'inarrestabile corsa del tycoon. Haley però era rimasta vigile e scettica, anche nel suo intervento alla convention repubblicana in cui - presentata come 'astro nascente' del partito - pur accettando la nomination di Trump aveva messo ben in chiaro che lo slancio era in larga misura volto a impedire che Hillary Clinton diventasse presidente. Pericolo sventato e quindi si riparte, dall'Onu. La poca esperienza in politica estera della governatrice non importa granché a questo punto. E' una "deal maker, una capace di unire le persone a prescindere dal loro background o dall'appartenenza di partito", ha spiegato 'The Donald', concedendo quindi che la "diversità" è la chiave di volta in questa nomina, cui Haley può contribuire a partire dal suo dna da figlia di genitori sikh. E poi c'è la 'questione femminile' nell'elezione di Donald Trump, che pure serve a smorzare. Si aspetta poi la conferma ufficiale di Ben Carson a capo del dipartimento per l'Edilizia, il primo afroamericano tra gli uomini del presidente. Del resto l'ex neurochirurgo, dopo il ritiro dalle primarie, si era speso parecchio per Trump. E che ora il presidente eletto trovi per lui una collocazione efficace non stupisce. Così come, nel sistema di pesi e contrappesi, è chiara la logica per la scelta della miliardaria e grande donatrice a suo favore Betsy Devos, già legata al partito repubblicano in Michigan e attivista nel mondo della scuola, a guida del dipartimento dell'Istruzione. Meno lineare - e anche per questo ancora sospesa - è l'assegnazione del dipartimento di Stato: il nome dell'ex 'nemico' Mitt Romney resiste in pole position, irritando però i 'trumpisti' della prima ora come Newt Gingrich e Mike Huckabee, che non dimenticano la strenua opposizione di Romney alla candidatura del tycoon e ne mettono in dubbio la lealtà al presidente da capo della diplomazia americana. Commenti questi ultimi su cui si allunga l'ombra di ruggini personali, mentre il vero malumore monta proprio in quella fetta di elettorato che secondo alcuni è risultata determinante per il trionfo di Trump, ma che adesso teme di rimanere delusa dalle retromarce innestate man mano che il presidente eletto svela la sua linea. "Una promessa non mantenuta", scrive ad esempio il sito Breitbart, guidato negli ultimi anni da Steve Bannon, adesso stretto collaboratore di Donald Trump, a proposito dell'annuncio del tycoon di non voler procedere contro Hillary Clinton nominando - come aveva promesso di fare in campagna elettorale - un procuratore speciale per "mandare in galera" la rivale. Un ripensamento che in alcuni ambienti ultraconservatori viene visto come un vero e proprio "tradimento", e non se ne fa mistero, soprattutto su Twitter, dove corre veloce il malcontento. Tra i commenti più riconoscibili anche quello di Ann Coulter, commentatrice e autrice di destra che ha bacchettato il presidente eletto non solo per essere troppo morbido verso Hillary ma anche per essersi apparentemente arrogato il diritto di indicare all'Fbi, un'agenzia indipendente, come comportarsi

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