Caos e veleni nel team di Trump, il genero nella bufera

Jared Kushner sempre più eminenza grigia. Il tycoon: 'Tutto ok'

di Claudio Salvalaggio WASHINGTON

Il transition team di Donald Trump continua ad essere paralizzato dal caos e dai veleni. Suo figlio Eric ha annunciato che "probabilmente" delle nomine sarebbero state annunciate oggi, ma qualche minuto dopo l'influente senatore Jeff Sessions ha risposto alla stessa domanda con un "non penso". Idem la sua campaign manager, Kellyanne Conway.

Il presidente eletto ha cercato di rassicurare tutti con un ennesimo tweet nel quale afferma che "la selezione del mio governo e di altri posti è ben organizzata. Io sono il solo a conoscere i finalisti". Ma intanto sono stati costretti a lasciare quattro membri del team per la transizione, tutti legati al governatore del New Jersey Christ Christie, già retrocesso da capo a vice dello stesso team.

"Purghe", le ha definite qualche media, evocando la vendetta del marito di Ivanka, Jared Kushner, il cui padre fu mandato in galera proprio da Christie quando era procuratore. Una storia di 12 anni fa, quando l'imprenditore immobiliare Charles Kushner si dichiarò colpevole di evasione fiscale e finì in carcere per un paio d'anni, lasciando le redini del suo impero al figlio. Jared, che allora aveva solo 24 anni, si fece strada orchestrando nel 2006 quello che resta l'acquisto più costoso (e controverso) di un singolo edificio nella storia Usa, 1,8 mld di dollari per un palazzo sulla Fifth Avenue a Manhattan.

Poi nel 2009 le nozze con Ivanka Trump e la rapida ascesa nella campagna elettorale come uno dei più fidati consiglieri del tycoon ed ora anche come eminenza grigia del transition team, dove sono entrati pure i tre figli maggiori (Ivanka, Eric e Donald Jr) del neo presidente. Secondo Nbc news, Trump avrebbe chiesto per il genero il nulla osta all'accesso ad informazioni top secret, per consentirgli di avere accesso ad esempio ai briefing presidenziali giornalieri. Inizialmente sembrava che Trump avesse chiesto la stessa cosa anche per i tre figli, ma il tycoon ha smentito su Twitter.

Ora Kushner si troverebbe al centro delle lotte interne al transition team, che finora ha partorito due sole nomine, quella del capo staff della Casa Bianca (il presidente del partito repubblicano, Reince Priebus) e del chief strategist (Stephen Bannon, esponente della alt-right, la destra alternativa nazionalista e razzista). Trump si è sentito obbligato a rispondere con ben tre tweet al Nyt, che evidenziava le difficoltà del transition team e quelle dei leader stranieri a contattare il presidente eletto. "Il New York Times sbaglia completamente sulla transizione. Sarà una transizione dolce. Ho parlato con molti leader", si è difeso.

Ma il tycoon, che ieri ha seminato la stampa per recarsi a cena in un ristorante, è stato preso di mira anche dall'associazione dei corrispondenti della Casa Bianca, che gli ha chiesto di rispettare la tradizione di un pool a copertura dei suoi movimenti. Intanto proseguono le indiscrezioni sui posti chiave. L'ex rivale delle primarie, Ted Cruz, gli ha fatto visita ieri alla Trump Tower, forse per il posto di ministro della Giustizia, secondo alcuni media. "E' tempo di proteggere la costituzione e la Dichiarazione dei diritti", ha dichiarato il senatore del Texas dopo l'incontro. Il mondo attende col fiato sospeso la nomina del capo della diplomazia, anche se il duello non sembra incoraggiante: da un lato l'ex sindaco di New York Rudy Giuliani, con possibili conflitti di interesse per le consulenze del suo studio a governi stranieri, dall'altro il neo conservatore John Bolton, l'architetto 'neo-con' della guerra in Iraq. In corsa sembra esserci però anche Bob Corker, che presiede la commissione Affari esteri. Niente comunque obbliga il nuovo presidente, che entrerà in carica il 20 gennaio, a svelare subito il suo governo di 15 ministri. Barack Obama nel 2008 attese sino al primo dicembre per annunciare dopo lunghe trattative la sua scelta: Hillary Clinton.

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