LeBron o Madonna, le stelle restano a guardare

Dall'Nba allo spettacolo, sono scesi in campo e hanno perso

Redazione ANSA LOS ANGELES

Sono scese in campo o sono salite sul palcoscenico. Hanno tifato e si sono schierate. E alla fine hanno perso. LeBron James o Madonna, Dwyane Wade o Katy Perry, le stelle dell'entertainment americano restano a guardare, nel ruolo di grandi sconfitti del voto Usa. L'Nba in blocco e lo show bussines si erano schierate per Hillary Clinton contro Donald Trump: l'esito del voto dice che riempiono stadi e palazzetti, affascinano i tifosi, ma non incantano gli elettori.

Il caso emblematico è quello di Lebron James, stella indiscussa del basket professionistico americano. Da leader dei Cleveland Cavaliers campioni in carica e miglior giocatore della stagione scorsa era salito sul palco con Hillary a pochi giorni dal voto, proprio nella sua Cleveland, parlando a favore della candidata democratica. L'Ohio stato chiave nel voto, si diceva, e l'Ohio è andato a Trump, nonostante LeBron. De Marcus Cousins, centro di Sacramento e oro olimpico a Rio, twitta un emoticon di sconforto e tristezza, mentre Wade dei Chicago - oro a Pechino - ha postato un video di un cagnolino che scuote la testa con uno esplicito 'I don't want'.

Esulta invece Mike Tyson: 'Iron Mike', ex campione del mondo dei pesi massimi, si è schierato al fianco di Donald Trump fino dai primi tempi della 'discesa in campo' del magnate ora divenuto presidente. Era considerato un 'perdente' fuori dal ring, ha avuto la sua rivincita.

Per le star è stata una sonora sconfitta anche per il loro ego. Probabilmente pensavano di contare di più, di avere più potere sul pubblico, di saper influenzare e di poter condizionare il voto a colpi di canzoni, autografi e selfie. Per questo, nei giorni che hanno preceduto il voto, moltissime star fra cui Beyonce, il marito Jay Z, Bruce Springsteen, Katy Perry e Madonna, avevano improvvisato concerti, arringato alla folla, postato messaggi video sui social. Tutti pro-Hillary, tutti molto ottimistici (le star pro-Trump si potevano contare sulle dita di una mano, Clint Eastwood, John Voight, Kirstie Alley i più famosi). Alcuni messaggi erano accorati, come quello di Leonardo DiCaprio, che dal palco degli Hollywood Film Awards aveva parlato del suo documentario sui cambiamenti del clima e della necessità che alla Casa Bianca sieda chi ha a cuore la salute del pianeta, quindi Hillary Clinton e non certo Donald Trump, che ha sempre negato l'esistenza stessa del riscaldamento globale.

Niente di tutto questo è servito. Alla luce del risultato appare sempre più chiaro che i cosidetti "endorsment" dei vip fanno notizia, fanno scrivere i giornali e parlare radio e tv, magari fanno gola al pubblico, per l'improvvisato e non previsto concertino gratis che ne deriva, ma non spostano più di tanto le lancette della volontà popolare.

E così andare al concerto di Madonna - che fra il serio e il faceto promette anche favori sessuali - e poi votare Trump nel segreto dell'urna diventa quasi un modo per ristabilire l'ordine della democrazia, dove uno, per quanto ricco e famoso, vale uno. La più battagliera è stata Lady Gaga. Quando ormai la vittoria di Trump era data per certa è andata sotto la Trump Tower di New York e, quasi in lacrime si è fatta fotografare con un cartello fra le mani: "Love trumps hate", l'amore batte l'odio.

Katy Perry e Justin Timberlake hanno giocato con i numeri: l'11/9, il 9 novembre, è diventato il nuovo nine/eleven, l'undici settembre, mentre Capitan America Chris Evans ha scritto: "Abbiamo lasciato che un fomentatore d'odio si mettesse alla guida nella nostra grande nazione. Sono devastato".
   

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