Da Tea party ad anti-Trump, ascesa e caduta di Cruz

Redazione ANSA

Ascesa e caduta: la corsa di Ted Cruz per la nomination repubblicana era partita in quarta grazie alla spinta dell'America profonda, con i caucus in Iowa che avevano premiato la campagna 'porta a porta' del candidato difensore dei valori cristiani, nella comunita' rurale, tra gli evangelici, tra chi di Donald Trump miliardario tycoon di New York non si fidava. Tre mesi dopo e una battaglia all'ultimo voto con in mezzo la guerra dichiarata dall'establishment del partito al 'fenomeno Trump', il senatore del Texas a malavoglia investito della missione anti-Trump lascia la corsa e spiana la strada al rivale verso la nomination. Paladino dei tea party poco incline al compromesso in Congresso, Cruz 'principe azzurro' dell'establishment non lo era mai davvero diventato. Ma lungo la sua cavalcata inarrestabile Trump aveva eliminato tutti i papabili, anche le speranze riposte nella giovane promessa Marco Rubio aveva dissolto. E con John Kasich che breccia non l'ha fatta mai (ha vinto pochissimo anche se formalmente e' ancora in corsa), Cruz era diventato il cavallo su cui puntare. Il primo ad indicarlo era stato Mitt Romney, voce autorevole e ascoltata, che pur essendosi in precedenza espresso per Rubio, in occasione dei caucus nello Utah a marzo aveva dichiarato il suo 'voto intelligente' per Cruz come unico possibile antidoto al 'trumpismo'. Cosi' "Donald Trump ha reso Ted Cruz 'normale'", si mormorava a quel punto a Washington. Non e' bastato: Ted Cruz e' fuori, ma e' uscito di scena rimanendo fedele a se stesso e ai suoi valori, mai nascosti o barattati per gli endorsement in funzione anti-Trump

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