La Urbani tartufi interviene per "fare chiarezza" dopo l'archiviazione dell'inchiesta scaturita da due delibere della Regione relative a fondi per il settore. A suo avviso è "chiaro e incontrovertibile che i principali beneficiari del contributo assegnato sono le singole aziende agricole affiliate nell'associazione temporanea di scopo di cui Urbani tartufi è capofila".
L'azienda parla di informazioni "che non rendono giustizia" a un'attività "con esperienza maturata in oltre 170 anni di storia, caratterizzata da un costante impegno nella valorizzazione di un prodotto tipico dell'Umbria, non perdendo mai di vista l'attenzione alla crescita della filiera e allo sviluppo del territorio a cui è sempre stata fortemente legata".
La filiera, promossa dall'Assessorato per l'Agricoltura della Regione Umbria, "non coinvolge soltanto la Urbani tartufi" sottolinea l'azienda in un comunicato "ma centinaia di piccole aziende agricole e piccolissimi coltivatori diretti umbri e riguarda anche altre aziende di tartufo concorrenti tra loro, quindi non soltanto la filiera di Urbani, bensì quella di tutti per il sostegno collettivo al settore della tartuficoltura".
"Peraltro - aggiunge -, la filiera del tartufo è una, non l'unica, delle sei filiere corte che la Regione dell'Umbria, nell'ambito del Programma di sviluppo rurale 2014-2022, ha inteso valorizzare (cereali, latte, nocciolo, luppolo, olivo, tartufo). I 4,8 milioni di euro sono stati attribuiti a titolo di contributo a seguito di regolare partecipazione a specifico bando pubblico all'associazione temporanea di scopo di cui Urbani tartufi è capofila e che è costituita da 98 aziende agricole umbre oltre alla stessa Urbani. La parte più consistente di questo importo, quindi, pari a 4,1 milioni di euro, è stata destinata agli interventi che saranno realizzati dalle 98 aziende agricole associate e per la parte rimanente agli investimenti agroindustriali della Urbani tartufi. Gli importi assegnati, inoltre, sono stati distribuiti in proporzione agli ettari di terreno su cui saranno coltivate nuove tartufaie, ettari che, nel caso della filiera di Urbani, sono 250". "L’obiettivo dell’azienda - si spiega ancora nella sua nota - è orientato alla salvaguardia e alla continuità della raccolta del tartufo oltreché ad imprimere maggiore vitalità e sviluppo all’intero comparto, contribuendo a creare e diffondere un modello virtuoso di interazione anche tra concorrenti". Aggiunge poi di avere partecipato al Progetto di filiera "soprattutto perché il tartufo in Italia sta scomparendo, e Urbani, per la lunga storia che ha alle spalle, sente il dovere e la responsabilità di attuare ogni possibile progetto volto alla sua salvaguardia". "Assai triste - sottolinea Urbani tartufi - l’attacco a Pierpaolo, figlio della presidente Tesei, assunto in Urbani già nel giugno 2020. Data che nulla ha a che fare con le allusioni riportate. L’azienda, quindi, respinge con fermezza le accuse e rimarca il dispiacere di attacchi puramente strumentali che arrivano da chi conosce molto bene quale sia il ruolo di Urbani tartufi per la nostra regione, un’azienda leader mondiale nel suo settore che, pur raggiungendo i mercati più lontani, non ha mai lasciato la sua terra, l’Umbria, dove ha creato i propri stabilimenti impiegando moltissime persone e preoccupandosi da sempre della loro crescita professionale".
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