"Abbiamo ascoltato con sollievo la
notizia che la classe speciale per alunne ed alunni che non
parlano o parlano poco il tedesco non sarà istituita". Lo
affermano le professoresse Simone Seitz e Heidrun Demo,
direttrice e vicedirettrice del Centro di competenza per
l'inclusione scolastica della Libera Università di Bolzano.
"Dal punto di vista della pedagogia dell'inclusione,
l'istituzione di classi speciali non è difendibile - proseguono
le due docenti - Sul piano etico, se la scuola è palestra di
democrazia, un luogo, cioè, dove ciascuno impara ciò di cui ha
bisogno per realizzarsi personalmente e, contemporaneamente,
sente che in questo percorso è parte di una comunità di
riferimento collaborativa e solidale, le classi speciali che
separano e isolano non possono essere considerate una strategia
valida". Anche dal punto di vista dell'efficacia, secondo Seritz
e Demo, "non vi è evidenza che in gruppi più omogenei alunne ed
alunni abbiano risultati di apprendimento migliori".
"Sul piano della scuola come sistema la scelta delle classi
speciali rappresenta una risposta conservatrice rispetto al tema
dell'eterogeneità", osservano ancora le docenti della Lub, che
suggeriscono "un ripensamento profondo di strutture e pratiche",
come, ad esempio, il superamento della classe quale modo di
organizzare i gruppi di apprendimento a scuola
"È fondamentale supportare un atteggiamento riflessivo di
ricerca nelle comunità scolastiche" per "mettere al riparo da
soluzioni semplicistiche e promuovere lo sviluppo di pratiche
che tengono conto contemporaneamente delle caratteristiche del
contesto specifico e delle attuali conoscenze scientifiche
sull'educazione", si legge, infine, nella presa di posizione che
cita quale "ottimo esempio" il percorso "Wege in die Bildung
2030 - guter Unterricht in der inklusiven Schule", avviato nelle
scuole tedesche, che "sostiene processi di sviluppo, diversi in
scuole diverse, che migliorano la qualità dell'offerta formativa
nell'ottica di renderla significativa per tutte e tutti".
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