In Trentino Alto Adige non si
registrano casi di peste suina. In Trentino, dal 2022, esiste il
Piano provinciale di prevenzione, che prevede l'incremento della
sorveglianza passiva (con la ricerca e segnalazione di eventuali
carcasse sul territorio) e un maggior contenimento del numero di
cinghiali, con un prelievo annuale di 1.500 capi. "Da qualche
anno stiamo monitorando l'andamento e controllando se
l'infezione si diffonde nei selvatici, per cui tutti i cinghiali
abbattuti nei Piani di contenimento vengono analizzati e non
c'è, per ora, nessuna positività", spiega all'ANSA, Roberto
Tezzele, direttore dell'Unità operativa igiene e sanità pubblica
veterinaria dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari di
Trento. In Trentino ci sono quattro allevamenti industriali
(Vallagarina, Bleggio e due in Valsugana) da circa 1.000/1.500
animali, più altri 250 a conduzione familiare, cioè con meno di
quattro suini. "C'è poi la contaminazione indiretta attraverso
le carni, per questo vietiamo di somministrarle come cibo ai
maiali e c'è il divieto di abbandonarle nei boschi", prosegue
Tezzele.
Anche il servizio veterinario dell'Alto Adige conferma che
la peste suina africana nella Provincia autonoma di Bolzano non
ha trovato terreno fertile. Sinora non è stato registrato nessun
caso. L'attenzione comunque resta alta su tutto il territorio.
Il Servizio veterinario provinciale a tale scopo ha anche
pubblicato un opuscolo informativo sulla peste che colpisce i
suini - selvatici e domestici. Il principale vettore della
malattia è il cinghiale. "In Alto Adige non abbiamo una
popolazione di cinghiali stanziale. Questi mammiferi si
avvicinano agli escrementi dei suini e possono quindi portare la
malattia nelle stalle", spiega Gerlinde Wiedenhofer,
vicedirettrice del Servizio veterinario provinciale. Per
prevenire il contagio è necessario portare sempre a casa i
rifiuti, soprattutto quelli alimentari, quando si esce per una
escursione.
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