"Non c'è un'unica causa del
distacco del seracco glaciale avvenuto in Marmolada il 3 luglio
scorso". Lo ha detto all'ANSA Alberto Bellin, docente del
dipartimento di Ingegneria all'Università di Trento, che ha
curato, assieme a Carlo Baroni, del dipartimento di Scienze
della terra dell'Università di Pisa, le 45 pagine di perizia
tecnica richiesta dalla Procura di Trento dopo il disastro che è
costato la vita a undici alpinisti.
"I crolli - spiega Bellin - sono avvenuti anche in passato,
quando l'effetto delle variazioni climatiche era molto meno
marcato. Sicuramente l'incremento della temperatura non aiuta e
c'è una situazione generale che è molto più critica rispetto al
passato, ma è quasi impossibile individuare dei segnali
premonitori del distacco. Forse sarà possibile nel tempo, con
l'avanzare degli studi".
Due le cause principali che sono state evidenziate da Bellin
e da Baroni nella relazione. "La prima è la presenza
significativa di acqua, che ha diminuito l'aderenza del
ghiacciaio al fondo roccioso - dice Bellin - la seconda è
l'ammaloramento del ghiaccio, che ha visto un peggioramento
delle proprie caratteristiche meccaniche: all'interno del corpo
glaciale c'erano delle fratture, che però non erano visibili in
superficie. Questo peggioramento l'abbiamo dedotto osservando le
immagini che sono state prese dopo il crollo, non era visibile
prima".
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