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19 ottobre, 17:02 Videostory Primopiano

VIDEOINTERVISTE - Le storie delle vittime in un centro antiviolenza

In una casa a Monteverde, a Roma, si torna a vivere

di Enrica Di Battista

C'e' Ana che a 13 anni e' stata violentata dal cugino, poi a 17 e' stata venduta dal padre e infine e' caduta vittima della violenza del marito. C'e' Sara che quando era incinta ha ricevuto un calcio dritto nella pancia dal compagno e poi tante violenze. E c'e' Alessandra, giovanissima, segregata, umiliata e maltrattata dal partner. A Roma nel ''Centro per le donne che non vogliono piu' subire violenza'' ci sono otto donne con i loro bambini, fuggiti dalle violenze brutali dei propri compagni.

Francesca Filippi, dell'associazione Differenza Donna, gestisce il centro nel quartiere Monteverde, aperto da venti anni, che e' uno dei tre centri di Solidea, prima istituzione di genere della provincia di Roma, che nasce all'interno degli enti locali. Il centro antiviolenza, spiega Francesca Filippi, riceve 30-40 chiamate al giorno e apre 800 progetti l'anno per altrettante donne che chiedono aiuto. Ma non sempre c'e' posto per tutte e spesso ''donne ad un passo dall'articolo di giornale'' rischiano di rimanere tra le mani del loro carnefice.

Nel centro antiviolenza le donne ritrovano serenita' e calore, per un periodo stabilito di cinque mesi. Poi dovrebbero tornare autonome ma spesso i tempi legali (ad esempio l'allontanamento degli uomini) non sono cosi' brevi e quindi le vittime rischiano di precipitare di nuovo nelle persecuzioni. I centri antiviolenza sono pochi, avverte Maria Grazia Passuello, presidente di Solidea, un'istituzione che lavora sul campo con le vittime della violenza nella Provincia di Roma e che ha anche un Osservatorio sul fenomeno. ''In Italia ci dovrebbe essere un centro antiviolenza ogni 10 mila abitanti - afferma Passuello -, invece ce ne sono in tutto 62. E solo pochi fanno accoglienza, ossia ospitano le donne notte e giorno. Molti infatti sono solo 'sportelli'. Da gennaio a fine febbraio sono 27 le donne che hanno chiesto ospitalita' a Solidea ma non siamo stati in grado di  offrirgliela''. Serve, dice Passuello, una legge quadro che riconosca il ruolo dei centri antiviolenza e preveda finanziamenti certi''.

Le storie delle donne ospiti sono ''storie forti'', avvisa la direttrice del centro. ''Mio marito ha cominciato ad essere violento quattro anni fa - racconta Sara - quando sono rimasta incinta della mia bambina. Mi ha dato anche un calcio in pancia e stavo per perdere la bambina. Le liti sono cominciate quando tornava a casa ed aveva perso alle macchinette slot machine. Mi prendeva con la forza e voleva rapporti sessuali anche se io non li volevo piu'. Dovevo mettermi a letto e lui faceva il lavoro. Mi usava come uno straccio. Mi sentivo maltrattata''.

Ana invece ha proprio voglia di raccontare la sua storia di violenza ''che dura da tutta una vita. Sono cresciuta con mio padre che, ubriaco, picchiava mia madre in Albania. Poi a tredici anni sono stata stuprata da un cugino e sono rimasta incinta. Poi, forse era il destino, ho avuto un aborto. A 17 anni mio padre ha venduto me e mia sorella per pochi soldi''. Infine Ana ha trovato come unico punto di riferimento l'uomo che poi e' stato il suo persecutore. La goccia che ha fatto traboccare il vaso e' stato quando l'uomo, che la costringeva a rapporti sessuali davanti al figlio, ha chiesto al bambino di baciarlo nelle parti intime per avere il permesso per andare a giocare. A quel punto Ana ha deciso che non avrebbe piu' sopportato. Ed e' fuggita. Ora nel centro antiviolenza e' tornata a vivere e consiglia a tutte le donne vittime della violenza di denunciare subito chi maltratta.

Alle violenze subite da queste donne hanno assistito, come spesso accade, anche i loro bambini, che adesso nel centro hanno ripreso a giocare e a sorridere, come i loro coetanei. Cosi' come Giovanni, il figlio di Alessandra, una ragazza italiana che e' stata segregata in una roulotte dal suo compagno rom. Adesso Giovanni mangia senza problemi ed e' ingrassato di tre chili in poche settimane.

enrica.dibattista@ansa.it

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