di Silvia Lambertucci
In una stanza un armadio rimasto
chiuso per duemila anni con tutto il suo corredo di stoviglie
all'interno, piattini di vetro, ciotole di ceramica, vasi. In
un'altra un tavolino ancora apparecchiato con le sue
suppellettili, un letto, una cassapanca. A Pompei si scava nel
retro del "giardino incantato", lo stupefacente spazio dipinto
con il grande larario che fu riportato alla luce nel 2018. E a
sorpresa, là dove ci si aspettava una casa importante e fastosa,
vengono fuori ambienti modesti ma pieni di dignità, dove non
mancano oggetti raffinati e persino un fascio di documenti che
il calco in gesso ha fatto incredibilmente riapparire. Ambienti
che raccontano la vita del ceto medio basso della città, spiega
il direttore del parco Gabriel Zuchtriegel, "persone che tante
volte vivevano in affitto e comunque ai margini delle classi più
benestanti". Nella città campana era una situazione molto
diffusa, sottolinea, "Una realtà che riguardava una gran parte
della popolazione, eppure fino ad oggi poco documentata e
raccontata". A fronte della meraviglia dell'esterno con i grandi
e sinuosi serpenti e le bestie feroci che fanno bella mostra di
sé nel raffinato larario, le pareti di queste stanze che l'ANSA
ha potuto visitare in anteprima sono intonacate ma nude, senza
traccia di pittura. Come nudo è il pavimento, in semplice terra
battuta. Non mancano i servizi però, una cucina e una latrina,
quasi come quelle che si trovano nelle abitazioni più
importanti. "Si riuscì a far adornare il cortile con il larario
e con la vasca per la cisterna con pitture eccezionali, ma
evidentemente i mezzi non bastavano per decorare le cinque
stanze della casa, una delle quali usata come deposito",
commenta il direttore. Siamo nella Regio V, in quel cuneo di
terreno nel quale sono stati fatti negli anni passati gli scavi
del Grande Progetto, resi necessari dalla messa in sicurezza del
sito patrimonio dell'Umanità. A un passo da qui, sulla stessa
strada, c'è il palazzo di Marco Lucrezio Frontone, con le sue
pareti affrescate in uno straordinario terzo stile, l'atrio con
i marmi e l'impluvium, il grande giardino col magnifico
peristilio. "Il ritrovamento di queste stanze è stato una
sorpresa, ma è proprio questa la ragione per cui è importante
scavare ancora", ragiona il direttore generale musei Massimo
Osanna, che nel 2018 era alla guida del parco e responsabile del
progetto di scavi. "Le indagini che si stanno facendo sono
preziose perché ci aiutano a fare luce sulla storia". Ed è stato
proprio per accendere un nuovo faro sulle vicende della città e
su quelle ultime devastanti ore del 79 d.C., racconta
Zuchtriegel, che si è deciso di ricorrere alla tecnica dei
calchi, come fu qualche mese fa per la stanza degli schiavi
della villa di Civita Giuliana. Anche qui il gesso ha fatto
riapparire gli arredi, il baule per le cose preziose svuotato in
tutta fretta, seppure non del tutto, visto che sul suo fondo si
intravedono ancora una lucerna, un piattino, un lembo di
tessuto. E poi ancora, il cuscino rimasto sul letto, le travi
collassate sui mobili, persino in un ambiente del piano
superiore, un pacco di 7 tavolette, forse contratti, tenuto
insieme dallo spago e sigillato con la ceralacca, come si faceva
all'epoca con i documenti. "Per Pompei questo calco è un
unicum", fa notare il direttore. Al piano terra, parzialmente
sfondato dal crollo del solaio, si incontra un armadio-credenza:
davvero emozionante, se si pensa che è rimasto chiuso con il suo
corredo per oltre duemila anni. Al suo interno sono rimasti
incastrati piatti, vetri, stoviglie, che ora verranno liberati
con un micro scavo. Poi saranno ripuliti come tutti i tantissimi
oggetti ritrovati qua e là nelle varie stanze: un delizioso e
rarissimo bruciaprofumi dipinto, una brocca di bronzo con una
piccola raffinata testina di sfinge, un grande bacile, pure lui
in bronzo, rimasto sul tavolo di uno degli ambienti. Oggetti che
si uniscono alle decine e decine di reperti più minuti, come le
serrature in metallo della porta, le cerniere dell'armadio fatte
con ossa di animali, le piccole macine per il pane ad uso
casalingo, la legna addossata al muro nello sgabuzzino. Il
direttore si guarda intorno, lo sguardo cade sui colori accesi e
le figure vibranti del larario: "Non conosciamo gli abitanti di
questa casa, ma certo la cultura dell'ozio a cui si ispira
questa meravigliosa decorazione per loro era più un futuro
sognato che una realtà vissuta". Chissà. L'idea, intanto,
anticipa Zuchtriegel, è di lavorare a un progetto per la messa
in sicurezza degli ambienti in modo da poterli aprire alle
visite, con un percorso che dallo splendore della casa di
Lucrezio Frontone porti alle pareti nude di questa abitazione,
che forse un tempo - prima del terremoto del 62 a.C. - era stata
la residenza di un notabile, poi smembrata e occupata da una
famiglia meno abbiente. Pompei "non smette di stupire", commenta
il ministro Franceschini. Ancora di più, forse, con questo
squarcio su una quotidianità più modesta eppure a tratti,
incredibilmente attuale.
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