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In evidenza
In evidenza
(di Alessandra Magliaro) Nascosti
alla vista, camuffati per dimenticare, segno indelebile di un
passato da sopravvissuti: sono i tatuaggi con i numeri della
deportazione nei campi di sterminio. Mentre rimangono in vita
sempre meno superstiti e celebriamo il Giorno della Memoria di
quel 27 gennaio 1945, data simbolo dell'apertura dei cancelli di
Auschwitz in una fase storica di rigurgito di antisemitismo per
la guerra in Medio Oriente tra Hamas e Israele (dopo l'attacco
terroristico ai kibbutz del 7 ottobre 2023 e la risposta feroce
di Tel Aviv che ha fatto migliaia di morti in Palestina tra la
popolazione civile), cerchiamo sempre nuovi altri modi per non
dimenticare ciò che è successo. Nella tradizione ebraica, il
tatuaggio è in gran parte un tabù. Per molti, un segno inciso e
inchiostrato sul corpo è tanto incompatibile con la legge
levitica quanto inconciliabile con la memoria dell'Olocausto in
cui morirono solo ad Auschwitz un milione di ebrei. Ma anche una
eredità indelebile: per questo un numero per ora piccolo ma
crescente di discendenti, figli e nipoti, sta scegliendo di
replicare sul proprio corpo i numeri di serie che i nazisti
hanno tatuato con la forza sugli avambracci dei loro parenti. E'
un modo per definire la loro stessa identità.
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