Sono 24 le aziende sanitarie del
servizio pubblico britannico (Nhs), vale a dire circa un sesto
dei 'trust' presenti nel territorio dell'Inghiltera, di gran
lunga la maggiore nazione del Regno Unito, ad aver dichiarato in
questi giorni uno stato di allerta ("critical incident" in
inglese) in seguito all'ondata di contagi Covid alimentati dalla
variante Omicron. Lo rivelano fonti di governo evocate oggi dal
Guardian, dopo che il premier Boris Johnson ha riconosciuto ieri
in Parlamento "l'enorme pressione" causata al momento da Omicron
su vari ospedali pubblici, e destinata a crescere in media per
almeno un paio di settimane ancora secondo le attese, ma ha
insistito sul no a nuove restrizioni modello lockdown.
Limitandosi a confermare le misure parziali del suo cosiddetto
piano B in vigore sull'isola da inizio dicembre e a scommettere
sull'accelerazione delle terze dosi booster del vaccino:
rilanciate nel Paese nell'ultimo mese fino a una quota record in
Europa. Il ministro dei Trasporti, Grant Shapps, ha peraltro
notato come la dichiarazione di situazioni di allerta da parte
di strutture ospedaliere dell'Nhs non sia inusuale nella
stagione invernale anche a prescindere dalla pandemia. Mentre a
confortare il governo vi sono indicazioni, ancora da
consolidare, che sembrano mostrare comunque una frenata
nell'incremento dei ricoveri per Covid a Londra, già epicentro
della diffusione di Omicron, con la prospettiva del
raggiungimento di un plateau dei contagi. Indicazioni che
spingono alcuni esperti citati dal Sun a ipotizzare un
rilassamento dell'emergenza nel Regno "entro tre settimane".
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