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Berlino, 5 profughi Lampedusa per una start-up

Berlino, 5 profughi Lampedusa per una start-up

Formato da designer tedeschi e da un gruppo in fuga dal Niger e dal Mali

04 dicembre 2014, 20:09

Redazione ANSA

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Berlino, 5 profughi Lampedusa per una start-up - RIPRODUZIONE RISERVATA

Berlino, 5 profughi Lampedusa per una start-up - RIPRODUZIONE RISERVATA
Berlino, 5 profughi Lampedusa per una start-up - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Eravamo ad Oranienplatz da qualche mese, quando un giorno una donna è venuta a chiederci: chi vuole lavorare il legno?". La sua storia Ali, 22 anni, all'ANSA, sa raccontarla anche in italiano. E lo fa in una start-up berlinese, in cui questo profugo proveniente dal Mali, con alle spalle ben tre naufragi, un approdo miracoloso a Lampedusa e un anno e mezzo in un campo di Matera, oggi costruisce mobili di design (italiano) che hanno già avuto il privilegio di uno spazio nel Salone di Milano. E Ali non è solo in questa incredibile esperienza: con lui ci sono Maiga, Malik, Moussa, e Saidou, i suoi compagni di avventura. Sono diventati gli artigiani di "Cucula", in un anno. Non una vera e propria impresa, per il momento: quella nascerà a gennaio. Per ora si tratta di un'associazione - "Refugees company for Craft and Design" - nata dall'idea di quattro giovani creativi berlinesi. Qui i cinque rifugiati sono oggi all'opera in qualità di 'praticanti'. Ma appena l'associazione raggiungerà la cifra di 72 mila euro ci saranno tutte le carte per fondare un'impresa, e fare in modo di arrivare progressivamente a un permesso di soggiorno grazie alla dimostrazione che "hanno di che vivere" e una prospettiva di lavoro. Almeno questo è il progetto.

"Al momento non hanno diritti in Germania e non possono lavorare, ma possono imparare. È questa la strada che abbiamo scelto per mettere a punto il nostro progetto - spiega Corinne Sy all'ANSA - Anche quando ci sarà l'impresa, noi speriamo di farcela entro gennaio, loro saranno inquadrati in un primo momento come apprendisti. Stiamo cercando di non violare alcuna regola e di costruire un futuro per queste persone". L'idea nasce dall'istinto di una donna generosa, Barbara Meyer, direttrice di una scuola d'arte a Berlino, che un giorno ha deciso di invitare qualcuno di quei ragazzi che se ne stavano lì abbandonati per strada a mangiare e a imparare il tedesco nel suo istituto e magari, perché no, a cimentarsi col legno. Nella scuola si teneva infatti proprio in quei giorni un corso sul manuale fai da te del designer italiano Enzo Mari (un testo del 1974). "In realtà i mobili ideati da Mari non erano pensati per la vendita, e anche noi alla fine del corso avevamo proposto ai cinque ragazzi di farsi dei pezzi per i loro rifugi. Ma loro hanno protestato: 'a noi non servono i mobili, ci serve una vita, un lavoro'". Ragionando su questa amara quanto sacrosanta risposta, i quattro giovani berlinesi (due designer, un'assistente sociale e un artista) sono arrivati all'idea della startup. "Mi piace lavorare il legno - spiega Ali - In Italia non avevo nulla da fare. Ma qui neppure ancora ho una paga, e ho ancora bisogno dei documenti". La strada è ancora in salita, ma adesso con tanta speranza.

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