E' stata fissata per il 10
settembre l'udienza davanti al Tribunale di Sorveglianza di
Milano che dovrà decidere se accogliere la richiesta dei legali
di far uscire dal carcere Renato Vallanzasca, date le sue
condizioni di salute, affinché venga trasferito, in regime di
detenzione domiciliare, in una struttura di cura in Veneto, che
è già stata individuata dagli avvocati.
I legali Corrado Limentani e Paolo Muzzi, difensori del
74enne ex boss della banda della Comasina, avevano depositato
l'istanza a luglio, dopo che il Tribunale di Sorveglianza, il 20
giugno, aveva concesso a Vallanzasca, che è stato più di 50 anni
in carcere e con "fine pena mai", di tornare ad usufruire dei
permessi premio di dodici ore da trascorrere in una comunità
terapeutica.
Nell'udienza a settembre verrà discussa l'istanza di
"differimento pena con detenzione domiciliare" in una struttura
di cura. Poi, i giudici si riserveranno e decideranno dopo
qualche giorno. In una relazione, acquisita dai legali nei mesi
scorsi, l'equipe di medici del carcere milanese di Bollate, dove
è detenuto l'ex protagonista della mala milanese degli anni '70
e '80, era stato spiegato che l'ambiente "carcerario" è "carente
nel fornire" le cure e gli "stimoli cognitivi" di cui ha bisogno
Vallanzasca, che soffre di un decadimento mentale.
Per questo motivo, secondo i medici, andrebbe trasferito in
un "ambito residenziale protetto", in un "luogo di cura
esterno". Relazioni mediche su cui punteranno gli avvocati di
Vallanzasca, che hanno raccolto anche annotazioni firmate da
propri consulenti, psicologi e neurologi che parlano di un
"quadro cognitivo e comportamentale deficitario", di un
"processo neurodegenerativo irreversibile".
Intanto, un imprenditore e volontario, "una sorta di angelo
custode e amico" di Vallanzasca, come è stato definito, è stato
indicato come suo amministratore di sostegno in un procedimento
civile.
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