E' stata il simbolo del martirio
del giudice Rosario Angelo Livatino, oggi la Ford Fiesta
amaranto sulla quale il magistrato viaggiava quando è stato
ucciso, è stata esposta per la prima volta nel centro culturale
San Domenico, a Canicattì, a piedi. L'utilitaria - scortata
dalle gazzelle dei carabinieri del Nor della compagnia di
Canicattì - era custodita nel garage di Angelo Terrana, 91 anni,
amico di famiglia dei Livatino. "Dopo qualche anno che è morto
Rosario - racconta il pensionato -, suo padre mi ha detto:
'Intestiamo a nome tuo la macchina, ma ci devi condurre con
l'auto di mio figlio'. Io non ho mai avuto il coraggio e gli ho
detto chiaramente: 'Io con la macchina di Rosario non ci
cammino'. Poi mi hanno detto che la macchina doveva essere
rottamata e così è stato, la carcassa è stata affidata dalla
Questura al padre del giudice e lui l'ha data a me".
A spendersi per poter esporre la vettura in occasione della
"Settimana della Legalità - Festival Collegamenti", con più
incontri con Angelo Terrana, è stato il capitano Luigi Pacifico
che guida la compagnia dell'Arma di Canicattì. L'ufficiale dei
carabinieri è riuscito, facendo superare all'anziano ogni
ritrosia, a riportare sotto gli occhi di tutti quello che è il
simbolo di impegno, lealtà, dedizione e antimafia vera.
Mentre era al volante di quell'auto - il 21 settembre del
1990 - e stava spostandosi da Canicattì verso il tribunale di
Agrigento, il giudice Livatino venne affiancato dai killer della
Stiddra. La piccola utilitaria - che adesso non ha più fori di
proiettile, né il parabrezza in frantumi - venne
centrata da diversi colpi d'arma da fuoco, poco prima che il
giudice tentasse la fuga lungo la scarpata sottostante di
contrada Gasena, lungo la statale Agrigento-Caltanissetta.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA