(di Stefano Ambu)
"Tutto mi sarei aspettato tranne
che vedere Niccolai in mondovisione". La battuta di Manlio
Scopigno, allenatore dello scudetto del Cagliari, era passata
alla storia del calcio. E aveva ispirato persino un libro
intitolato appunto "Niccolai in mondovisione". Ma Scopigno era
uno dei suoi più accaniti sostenitori: Niccolai, classe 1946,
era il più giovane della squadra. E anche il più coccolato. Di
lui si accorse anche Valcareggi che lo volle titolare al
mondiale. In mondovisione.
Messico maledetto per Niccolai che si infortunò al 37' della
gara inaugurale contro la Svezia: lasció il posto a Rosato. Alla
fine, anche lui, vicecampione del mondo. Difensore forte, ma
quando si pensa agli autogol, l'accostamento è inevitabile: ne
fece solo sei, ma in qualche modo fecero epoca. Nella storia del
calcio anche in Italia c'è chi ne ha fatti anche di più, vedi
Ferri e Baresi. Ma la corona è sempre rimasta sulla sua testa.
Il football italiano ora è in lutto per la sua scomparsa, a
76 anni, in ospedale a Pistoia, nella sua Toscana. Lo si ricorda
come giocatore di un altro calcio, di un'altra epoca. Magari
qualcuna delle sue autoreti oggi sarebbe stata assegnata
all'attaccante che ha scoccato il tiro. Altre no, erano proprio
tutte sue. Indimenticabile. Con un nome indimenticabile,
Comunardo, una scelta legata alla passione familiare per la
Comune di Parigi. Lui era partito non dalla capitale francese,
ma da Uzzano, piccolo centro vicino a Pistoia. Ragazzino, aveva
lasciato la sua terra per cercare e trovare fortuna in Sardegna.
Prima alla Torres, poi al Cagliari appena approdato in serie A.
L'esordio in A l'1 maggio del 1966 a diciannove anni contro il
Lanerossi Vicenza. Il primo gol due anni più tardi.
Ma di lui si ricordano soprattutto gli autogol. Quello più
clamoroso è nella partita clou del campionato 1969-70. Cross al
centro dalla destra e lui di testa anticipa Albertosi già pronto
a bloccare la palla: "Lì per lì - aveva detto a Sandro Ciotti -
ho avuto paura di aver rovinato tutto. E Albertosi si è anche
arrabbiato, cose di campo che passano subito. Il primo a
incoraggiarmi è stato Nenè, poi Cera, Martiradonna e tutti gli
altri". Nel 1972 riuscì anche a dribblare il suo portiere
Albertosi in un Bologna Cagliari 2-1: inutile il tentativo di
ricacciare poi il pallone fuori dalla sua porta.
Negli anni del declino del Cagliari, Niccolai fu uno degli
ultimi ad arrendersi: memorabile un suo gol al Sant'Elia nel
1975 contro la Lazio con lo scudetto sulla maglia. A fine
carriera era tornato dalle sue parti. E aveva intrapreso una
carriera da tecnico per le nazionali giovanili azzurre. Non
aveva scelto la Sardegna per sempre come i suoi compagni
Martiradonna, Poli, Brugnera, Riva, Nenè, Tomasini, Greatti. C'è
anche la foto di Niccolai, insieme a quelle dei compagni nella
vetrina dell'agenzia di assicurazioni Greatti, in via
Sant'Alenixedda, a Cagliari.
E in tanti stamattina hanno toccato la sua immagine e si sono
fatti il segno della croce per l'ultimo saluto. Commosso anche
il presidente Tommaso Giulini sui social: "Porteremo sempre con
noi l'esempio dato dalla gentilezza e dallo stile di uno dei
difensori più forti della nostra storia. Ciao, Comunardo". E poi
i tifosi su Instagram e Facebook: "Ciao, mi raccomando: salutaci
Gigi". Ma anche Mario (Martiradonna), Giulio (Zignoli), Eraldo
(Mancin), Claudio (Nenè), Bobo (Gori), Moriano (Tampicci), i
vecchi amici di uno scudetto che a Cagliari nessuno dimentica.
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