"Alla Roma ho dato tanto e dalla
Roma ho ricevuto tutto quello che ci può stare se allargo le
braccia e rivolgo le mani verso il cielo": Damiano Tommasi, ex
numero 17 del terzo scudetto giallorosso, racconta in un libro
"I fuoriclasse che hanno fatto la storia del club giallorosso" e
si immerge nel ricordo di quel gesto semplice che accompagnava
la sua esultanza in campo. Nel libro, per l'editore Gribaudo,
l'ex centrocampista azzurro, poi alla guida del sindacato
calciatori, attualmente dirigente federale, racconta come un
ragazzo della provincia di Verona, che non è "romano e
romanista", possa entrare con tutto se stesso nella difficile
mentalità capitolina. Quella, spiega nel prologo,
"dell'ottovolante dell'emotività giallorossa", fatto di alti e
bassi nel giro di una stessa partita: un passaggio sbagliato e
sei un brocco, un gol e sei un campione.
Da Fulvio Bernardini e Amedeo Amadei, da Giacomo Losi e
Giuliano Taccola, Tommasi arriva fino agli anni in cui vestì la
maglia giallorossa, a cavallo fra Novecento e Duemila, e va
oltre, fino a Mohamed Salah ed Edin Dzeko, per chiudere con la
"capitana" Elisa Bartoli e con un capitolo sofferto, quello
dedicato al gravissimo infortunio che lo colpì durante una
partita della preparazione precampionato del 2004: "Io mi fermo
qui", disse Tommasi al dottor Brozzi, il medico sociale che lo
aveva soccorso. E invece, 15 mesi dopo, tornò in campo da
titolare e un minuto e mezzo dopo segnò su passaggio di Cassano.
In tribuna, esultò Chiara, la moglie, che nel 1991 - di ritorno
da una gita scolastica a Roma al fianco dell'allora fidanzatino
Damiano - si mise a piangere. "Perché piangi?" le chiese il
giovanissimo Tommasi. "Perché so che non torneremo più a Roma"
rispose lei, sulle note di "Sotto il segno dei Pesci" di
Antonello Venditti, allora appena uscito.
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