Grossi timoni che si muovono solo se azionati da sedici robuste braccia, un motto leonardesco come guida morale, cime intessute come un secolo fa e una piccola campana che la salsedine rende una sorta di clessidra dei mesi passati in mare: l'Amerigo Vespucci, la nave-scuola della Marina italiana ambasciatrice delle eccellenze d'Italia, riserva questi e molti altri motivi d'interesse per chi la vorrà visitare nell'imminente serie di scali che farà nella penisola a completamento del suo tour mondiale durato due anni.
A colpire sul ponte di coperta, fra l'altro, è una frase di Leonardo da Vinci ("Non chi comincia ma quel che persevera") in lettere metalliche a rilievo su legno. Come ha spiegato all'ANSA il comandante Giuseppe Lai dopo l'attracco ad Alessandria d'Egitto, il motto ben "si adatta" alla figura di Vespucci: fu lui a riconoscere che le terre scoperte in Sudamerica non facevano parte dell'Asia, ma di un nuovo continente (cui poi infatti è stato dato questo nome ispirandosi a quello di battesimo del cartografo ed esploratore, "Amerigo" appunto). "Una conclusione a cui Colombo non era arrivato", anche se aveva avuto "il coraggio" di "navigare verso Ovest" affrontando "quello che nessuno aveva mai sfidato", ha notato il Comandante.
"Attraverso lo studio e la perseveranza si conseguono grandi risultati": questo il "messaggio" della nave-scuola Vespucci, ha sintetizzato Lai che tra marzo e inizio giugno la condurrà verso i porti di 14 città italiane. A bordo ricorrono posacenere a forma di prua rostrata con polena risalenti a "quando sulle navi si poteva fumare" ma ora chiusi e "piombati", segnala Lai che indica anche diverse "ballerine", liscissimi para-spigoli dove far scorrere le cime senza sfibrarle. C'è poi la "timoneria storica" situata nella "plancia di poppa" da cui si dirige la navigazione a vela con quattro timoni meccanici che richiedono la forza di otto uomini e uno "idraulico" manovrabile da uno solo. Nello stesso ambiente, c'è però anche la modernità della cartografia elettronica con radar che talvolta viene disattivata per calare gli allievi in situazioni di emergenza. Come vivendo un film si possono almeno sfiorare le cosiddette "manovre fisse" che tengono l'albero in posizione e che, con le loro "griselle", creano quella sorta di gradini usati dagli allievi per salire agilmente "in alberata", sulle vele. Ci si sposta tra argani a mano grossi come botti e azionabili anche qui da otto persone con aste di legno durante le manovre di ormeggio e tra fasci di cime tutte in fibra vegetale: "realizzate da una ditta di Castellammare di Stabia" in maniera "tradizionale, come tanti anni fa", sottolinea il comandante.
Dal "banco di quarta" si vedono da vicino le imbarcazioni "che servono per l'addestramento dei cadetti alla voga e alla navigazione vela": la loro "funzione primaria" non è quella di scialuppe di salvataggio, rappresentate invece da "zattere gonfiabili" posizionate dentro a "gusci" di colore nero e giallo ocra. A prora, sulla parte anteriore detta "castello", dove si ha migliore visione della nave nel suo complesso, spiccano le sistemazioni per catene e ancore. Spiccano anche due cannoncini per le "salve di saluto", ossia gli "onori militari" in occasione di visite ufficiali come quella di un capo di stato.
Nella stessa zona c'è una campana, l'unica della nave a non essere lucidissima come il resto degli ottoni: ad Alessandria era opaca perché viene lucidata solo "quando si rientra da un lungo viaggio e prima di partire" e "quindi dà l'impressione di quanto passa il tempo", ha spiegato Lai. L'ultima volta è stata "lucidata alla Plata", in Argentina, dove si era conclusa "una prima parte del Tour" mondiale.
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