Dopo settimane di grandi difficoltà che avevano stremato gli sfollati, ora a Rafah, nell'estremità meridionale della Striscia di Gaza, si torna a respirare. Essendo la più vicina al valico di ingresso degli aiuti umanitari, questa città è la prima ad avvertirne gli effetti.
Mentre pochi chilometri più a nord - a Khan Yunis, Deir el-Ballah, Nusseirat - la situazione resta grave, qui si vedono adesso tornare gradualmente in funzione gli impianti di desalinizzazione grazie all'ingresso di combustibile, e la penuria di acqua potabile si è subito ridotta. Nei magazzini dell'Unrwa, l'ente dell'Onu per i profughi, le quantità di viveri sono sensibilmente cresciute: confezioni familiari di cibo per i pasti di due giorni sono adesso distribuite effettivamente ogni due giorni, e non ogni sette come avveniva prima. Di conseguenza sono calate le tensioni agli ingressi dei magazzini. Anche la distribuzione del gas da cucina è stata razionalizzata, organizzata ora rione per rione. Il punto debole resta la totale mancanza di benzina nelle stazioni di rifornimento. Chi ne ha assoluta necessità ne trova ancora, in piccole quantità, al mercato nero: 70 shekel (17,5 euro) al litro.
In queste condizioni si sono inseriti i volontari dell'organizzazione sociale Sharik. Come spiega all'ANSA il suo direttore Nidal al-Akhras, il loro lavoro si svolge a Rafah (e anche altrove nella Striscia) in varie direzioni. Una delle principali riguarda le attività per i bambini. I locali della ong sono aperti per tre ore tutte le mattine. "Si tratta - racconta al-Akhras - di bambini che hanno assistito agli orrori della guerra, che sono stati sotto i bombardamenti, hanno visto cadaveri nelle strade, hanno perduto familiari". I volontari cercano di distrarli, di farli giocare, di farli parlare, di indurli a disegnare. Trovano anche giochi, alcuni si divertono a colorarsi la faccia. "Ci sono però anche quelli che si isolano, che tacciono", aggiunge ancora al-Akhras. Per loro si cerca l'assistenza di specialisti.
I volontari di Sharik (e anche della Mezzaluna rossa) si mobilitano anche a favore degli anziani, avendo cura fra l'altro che ricevano pasti caldi. L'igiene personale non va trascurata anche nelle condizioni di sovraffollamento in cui si trovano questi sfollati. Di conseguenza distribuiscono nelle scuole (dove trovano riparo migliaia di persone) sapone, detersivi ed anche prodotti per l'igiene femminile introvabili altrove.
Una delle iniziative di cui vanno più fieri riguarda la costruzione di forni in fango, che poi provvedono a distribuire fra quanti sono costretti a vivere nelle tende. I forni vengono caricati su carri trainati da asini e poi consegnati a chi ne ha bisogno. Uno di questi è Imad abu el-Hir, sfollato 40 giorni fa dal campo profughi Shati, nel nord della Striscia, dopo aver perso la famiglia in un bombardamento. Oggi, nel rione saudita di Rafah dov'è accampato, i volontari gli hanno portato un materasso, una coperta ed un forno di fango appena realizzato.
"Adesso - dice Imad - anch'io posso rendermi utile alla collettività. Grazie al forno sarò in grado di preparare pane a chiunque mi porti la farina necessaria". Quell'attendamento, dice, è ormai "la mia nuova famiglia".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA