Gaza sud è divisa a metà: la guerra a Khan Yunis, la calma a Rafah. E' qui, al confine con l'Egitto, che le persone in fuga si sentono più sicure nonostante debbano lottare per sopravvivere. La città è infatti ormai super affollata e la situazione è sempre più difficile per i molti che ancora vorrebbero raggiungerla. Non sono pochi però quelli che alla fine desistono e decidono di restare malgrado gli intensi attacchi aerei israeliani su Khan Yunis, considerata roccaforte di Hamas e dimora del capo della fazione islamica Yahya Sinwar. I carri armati israeliani, entrati in centro, l'hanno subito stretta d'assedio.
Hamed Abu Shaaban, 36 anni, racconta all'ANSA di essere fuggito con la madre e due sorelle dalla parte est di Khan Yunis due giorni fa e di aver trovato ospitalità in un appartamento vuoto in centro di un suo amico. Ma non ha fatto in tempo a stabilirsi che ha avuto l'ordine di evacuare un'altra volta. Hamed, però, ha deciso di restare: "Non ho un altro posto dove andare - dice - e non riesco a immaginare di stare con la mia famiglia in una tenda sulle spiagge della zona di Mawasi", che si trova ad est di Rafah. La notte scorsa un paio di case vicino all'appartamento che occupa sono state bombardate. Lui e la sua famiglia l'hanno quindi trascorsa nel vano delle scale dove si sentivano più protetti. Ma per Hamed "è folle continuare a scappare": prima ha lasciato casa sua a Gaza City, poi quella di un amico a Khan Yunis e ora dovrebbero fuggire di nuovo. "Mia madre - spiega - non può sopravvivere a questa situazione".
Anche Salwa Daghem è fuggita da Khan Yunis dopo essere stata leggermente ferita in un bombardamento a Sheikh Naser, la parte est della città, dove era arrivata 15 giorni prima. Ora è riuscita a costruire una semplice tenda sulla spiaggia di Mawasi a Rafah e per farlo ci sono voluti 350 dollari. La scorsa notte pioveva mentre Salwa cercava di accendere un piccolo fuoco per cucinare un po' di fagioli per i suoi 4 figli. "Non c'è pane e non c'è acqua da bere", racconta sconsolata pensando anche al fatto che non ha più soldi per i prossimi giorni. Per tenere i suoi figli lontani dalla paura della guerra, continua a parlargli delle cose buone che faranno alla fine del conflitto con la promessa di comprargli giocattoli, un sacco di cioccolata e gelati. Come lei sono molte le famiglie che hanno improvvisato una tenda a Rafah ovest con pezzi di legno e nylon e un bagno di fortuna dietro. Tutti, appena arrivano in città, vanno subito al più vicino rifugio dell'Unrwa, l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi. Mettere i propri nomi in lista significa avere la possibilità di avere il cibo che arriva attraverso gli aiuti umanitari internazionali.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA