La Striscia di Gaza si è risvegliata nell'incubo, dopo un settimana di tregua e di speranze che il peggio fosse ormai passato. E anche tra le strade di Khan Yunis, la cittadina del sud dove si sono riparati migliaia di sfollati arrivati dal Nord, domina la disperazione mentre risuona l'eco dei raid. Lì oggi è stata bombardata una moschea, una delle tante già finite nel mirino perché ritenute da Israele luoghi di di sostegno all'ala militare di Hamas. Malgrado fosse venerdì, giorno di preghiera, la struttura era deserta. Ma il muezzin che dal minareto leggeva i versetti coranici è rimasto ucciso. "Anche oggi - raccontano in città - saremo costretti a pregare in casa".
Come avviene ormai da settimane: le famiglie riunite con gli uomini seduti davanti e le donne dietro e il più anziano, o il più erudito, che svolge la funzione. A Khan Yunis sta arrivando anche una folla di migliaia di persone, attraverso l'ormai nota arteria che divide la Striscia - la Sallah-a-din -, dai villaggi del settore orientale: quello più agricolo, il meno abitato, il più vicino alla linea di demarcazione con Israele. Da lì, secondo Israele, si sono ripetuti i lanci di razzi e in mattinata l'esercito ha fatto planare dal cielo migliaia di volantini che ordinavano l'evacuazione di quattro villaggi: Karara, Khuzaa, Abassan, Bani Suheila. Le evacuazioni iniziano quindi a riguardare anche il sud della Striscia, finora indicato come 'zona di sicurezza', e non più solo il nord. I nuovi sfollati si sono messi in cammino per lo più a piedi, in un silenzio quasi funebre, con volti inespressivi, scioccati con in mano qualche valigia ed abiti pesanti, in previsione di dover trascorrere notti all'addiaccio.
Fra le migliaia di persone si sono contate solo 5-6 automobili, a testimonianza che di benzina non ce ne è più. Sono arrivati all'accampamento dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu per i profughi, vicino al mare: "Lì almeno c'è la speranza di avere qualcosa da mangiare per non rischiare la fame", ha raccontato sconsolata una donna. Dappertutto il clima è tetro: "Eravamo sicuri, o comunque volevamo sperare, che il cessate il fuoco avrebbe retto, che ormai la guerra fosse un brutto ricordo del passato. Ma perché Hamas non ha rilasciato gli ostaggi, perchè queste nuove sofferenze?", ci si chiede nei caffè. E i timori vanno anche a quanto si è lasciato dietro spalle, in quelle case e in quelle vite abbandonate in fretta e furia. Con le voci di saccheggi al nord che si diffondono a macchia d'olio. In molti raccontano del caso di un ladro, scoperto in una casa di Jabalya rimasta incustodita dopo che il proprietario era stato costretto a sfollare a sud. L'intruso è stato sopraffatto dai vicini di casa e legato ad un palo. "Un caso esemplare, ma certo non unico", dicono a Khan Yunis. Molti hanno lasciato i propri appartamenti sotto le pressioni dell'esercito, e non sempre hanno fatto a tempo a portare con sé le cose più preziose che avevano. "Oltre alle percosse, cos'altro sarebbe possibile fare? Ormai qui a Gaza non c'è più polizia, non ci sono più tribunali", commentano alcuni sfollati stringendo le spalle.
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