Nel caos infernale in cui è precipitata la Striscia di Gaza da più di un mese, le tensioni fra le moltitudini di sfollati in fuga dalle bombe e dall'esercito israeliano hanno costretto i vertici dell'Unrwa, l'ente Onu per i profughi palestinesi, a chiedere l'intervento della polizia di Hamas: il suo servizio d'ordine non è più in grado di far fronte alla marea di gente nelle sue istituzioni, per lo più edifici scolastici. Adesso a Khan Yunis, nel sud, gli ingressi sono presidiati da agenti.
Le scintille, spiega uno dei responsabili, possono essere di vario genere. "Uno dei tipici motivi di frizione è legato all'uso delle docce. I rifugiati hanno diritto ad una doccia ogni 15 giorni, e naturalmente si creano dissensi". Nel mirino finiscono in particolare le donne con i capelli lunghi, che usano quantità di acqua che altri reputano "eccessive" nelle condizioni attuali. Qualche poveretta, per sfuggire ai rimproveri, ha finito per tagliarseli corti. Ma anche le differenze culturali hanno il loro peso. "Donne che provengono da Gaza City e che vestono all'occidentale - raccontano fonti locali - sentono il peso degli sguardi delle donne di Khan Yunis", città più conservatrice e tradizionalista. La pressione psicologica funziona, e presto sono costrette anch'esse a coprirsi il capo.
Negli istituti pubblici dove sono ammassati gli sfollati - ormai molte centinaia di migliaia - la promiscuità forzata genera poi altri alterchi. "Nelle classi - viene spiegato - le donne dormono separate dagli uomini. Ma quando uno dei mariti vuole parlare con la moglie, deve attendere fuori dalla porta per consentire alle altre donne di coprirsi, che lo fanno controvoglia". Ancora più tesi sono i pasti collettivi nel cortile, in quanto non c'è scelta di pietanze. "Qua siamo come chiusi in un carcere", esclama uno degli sfollati. Molte madri lamentano inoltre che in condizioni del genere è sempre più difficile calmare i bambini: "Da quando siamo qui - dicono - sono diventati molto aggressivi". Ed aggressivi, a quanto pare, sono anche i padri che, abituati a mantenere un ruolo di autorità in famiglia, in condizioni disperate si sentono sminuiti di fronte ai loro familiari.
"Finora non eravamo mai stati costretti ad abbandonare le nostre case per un periodo così lungo di tempo - osserva una signora che è stata fra le prime a lasciare il nord della Striscia e che è a Khan Yunis da diverse settimane -. Adesso le nostre famiglie si stanno gradualmente sfaldando. Non abbiamo idea chi saremo diventati una volta che questa guerra sarà finita".
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