"Mamma, ti prego, vieni a salvarmi! Mamma, vieni, ti prego!". Da 19 giorni Hadas Kalderon sente dentro di sé le grida di aiuto di suo figlio Erez, tenuto in ostaggio da Hamas "in un tunnel a 40 metri di profondità, senza poter vedere il sole, senza poter respirare aria fresca".
"Pensate a tutti quei bambini e neonati in quelle condizioni. Ogni giorno che passa è un giorno in più di crimine contro l'umanità", dice la mamma a un gruppo di giornalisti, tra cui l'ANSA, ricordando che con Erez c'è anche sua figlia Sahar, di 16 anni, e tanti altri piccoli rapiti dai terroristi il 7 ottobre. "Ogni momento è importante, dobbiamo agire - invoca risoluta -. Io non sono una politica, sono una donna normale. Il governo sa cosa deve fare. Ma il mio messaggio è: basta raid su Gaza e liberate gli ostaggi".
Oggi però il pensiero va soprattutto a Erez che compie 12 anni in prigionia. "Stava aspettando il suo compleanno da settimane. Due mesi fa mi aveva già detto cosa voleva come regalo, una mountain bike. Quando tornerà - promette Hadas, quasi a voler fare un patto col destino - gli regalerò qualunque cosa chiederà: una bicicletta elettrica, un computer per i videogame, tutto quello che vuole. Erez è il mio re".
I due fratelli sono stati sequestrati quella mattina dal kibbutz di Nir Oz, dove "un quarto della popolazione non esiste più: sono stati uccisi, rapiti o sono sfollati come me", dice ancora Hadas. "Erez è stato preso dal suo letto, in pigiama, a piedi nudi. Forse tornerà più maturo dei suoi 12 anni per colpa di questa crudeltà", teme. "E' un ragazzino molto divertente, sensibile, pieno d'amore. Si spaventava molto quando piovevano razzi dalla Striscia vicino a casa nostra. Ha sempre avuto paura di queste cose. Ora il suo peggior incubo è diventato realtà".
La madre spera che in cattività il bimbo non sia stato separato dal padre Ofer, rapito con i figli, e dalla sorella: "Le piace vestirsi, truccarsi, uscire, come tutte le adolescenti. Ma sono sicura che si sta prendendo cura del fratellino anche laggiù", prova a consolarsi Hadas.
Quanto a sé stessa, dice, "la mia storia è la storia di tutti: sono stata per 8 ore chiusa in un rifugio, da sola, senz'acqua", sentendo le urla dei terroristi che si avvicinavano e "tenendo la maniglia della porta con tutta la mia forza. Ho pensato che sarei morta, ho cominciato a mandare messaggi dicendo a tutti 'vi amo, vi amo'. Non pensavo di sopravvivere, ma sono sopravvissuta. Forse - conclude con determinazione - perché devo salvare i miei figli".
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