"Ho scelto il luogo più sacro per gli ebrei. Perché tutti gli ebrei che ora sono a Gaza possano tornare dalle loro famiglie, alle loro case". Avichai Brodtz piange lacrime asciutte. Ha lo sguardo spento mentre invita a pregare per tutti gli ostaggi nelle mani di Hamas al Muro del Pianto di Gerusalemme, "il luogo più sacro per gli ebrei", ripete parlando con l'ANSA. Suonano come una litania meccanica le parole di questo giovane padre che il 7 ottobre ha visto portare via dai terroristi la moglie Hagar e i suoi tre bambini piccolissimi: Uria, di 4 anni e mezzo, Yuval di 8 e la maggiore Ofri, che aveva appena compiuto 10 anni.
Lo sorreggono - anche fisicamente - gli amici, venuti in gruppo per non lasciarlo solo quando le ore devono già sembrargli interminabili. Indossano magliette con le foto dei tre bambini e la mamma dai volti sorridenti, tengono in mano cartelli con l'immagine dell'intera famiglia, pantaloncini e piedi nell'acqua, scattata in una gita da qualche parte nella vita precedente l'incubo. A Uria, il più piccolo dei tre, piace giocare a calcio, Yuval invece ama i videogame, ha la Xbox. La grande in una foto, zainetto sulle spalle e capelli spettinati, fa una linguaccia. "Come potete dormire?", si chiede il padre in uno dei tanti appelli che ha lanciato anche sui social. "È impossibile riposare o dormire finché non torneranno tutti a casa vivi". Avichai, ex agricoltore che ora studia per diventare infermiere, implora la comunità internazionale di fare tutto per salvarli.
Ad accompagnarlo nella preghiera è Rabbi Shmuel Rabinovicht, il rabbino del Muro del Pianto e dei Luoghi Santi. Uomini da una parte e donne dall'altra, come vuole la tradizione, i fedeli recitano la Minchah e altre preghiere speciali per i soldati dell'esercito israeliano e la salvezza del Paese. Anche i passanti vanno incontro ad Avichai, lo abbracciano senza conoscerlo. Un uomo gli si avvicina, ha perso il figlio nel massacro di Hamas, ma ha la forza di incoraggiarlo: "Questa forza me l'ha data mio figlio che adesso è in cielo. Lui ha salvato i suoi amici prima di morire, e adesso con l'aiuto del Signore ritroveremo tutti gli ostaggi. Quello sarà un giorno di festa per il popolo di Israele", gli dice per poi stringerlo tra le braccia, come fosse un altro figlio.
In disparte una coppia mostra i volti e i nomi di altri due ostaggi: Adrienne Siegel di 62 anni e Keith Samuel Siegel, 64, marito e moglie israelo-americani, sequestrati e portati a Gaza con la loro stessa auto. "Vogliamo solo pregare e implorare che possano tornare", spiega la sorella di Adrienne, che sembra aver finito le parole.
I fedeli si infilano via via nei vicoli della Città Vecchia, dove solo un paio di gatti scortano un piccolo gruppo di turisti filippini, gli unici lungo la Via Dolorosa. I negozi di souvenir sono chiusi, i frati del Santo Sepolcro entrano ed escono dalla Basilica deserta. Il tramonto illumina i muri del Miglio sacro, ma i cuori sono cupi. Per Avichai è l'inizio di un'altra notte senza sonno.
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