Le bombe dal cielo, le persone prese in ostaggio e deportate, tra l'orrore e la paura. Con la guerra in Israele Emanuele Di Porto, uno degli ultimi sopravvissuti alla razzia degli ebrei da Roma, ha rivissuto "l'incubo di 80 anni fa, il rastrellamento del ghetto, io avevo 12 anni ma non potrò mai dimenticare".
Oggi ha 92 anni e tutti lo ricordano come il "bambino del tram" perché il 16 ottobre del 1943 per nascondersi dai nazifascisti trovò riparo in un mezzo pubblico parcheggiato a due passi dalla sinagoga. Proprio lì, a piazza Monte Savello, un autobus ricorda la sua storia, con una livrea dedicata a lui e alla sua famiglia.
La mamma di Emanuele sacrificò la sua vita per salvare quella del figlio. Quando racconta la sua storia, Di Porto si commuove ricordando mamma Virginia. "Riesco ancora a sentire le sue mani che mi allontanano da lei e da quella camionetta che l'avrebbe portata nei campi di concentramento - spiega -. Mi ha salvato la vita".
Quello che Emanuele ha vissuto 80 anni fa si ripete, in modo diverso, anche oggi in Israele e, inevitabilmente, il suo pensiero va alle vittime e ai deportati. "È terribile quello che sta succedendo, un dramma - dice - sono ovviamente molto preoccupato". "Quando avvenne il rastrellamento io avevo 12 anni, riuscii a salvarmi perché mia madre mi spinse lontano da lei - ricorda -. Sono andato via lentamente, senza dare nell'occhio. Poi ho trovato riparo in un tram della circolare dove sono stato accudito da alcuni autisti ai quali avevo confessato di essere ebreo".
"Cosa vuol dire fascismo per me oggi? - si chiede Di Porto -. Forse dirò una cosa strana, ma io non sono capace a covare rancore". Un messaggio, però, lo lancia ai giovani. Parole che suonano come un avvertimento. "A loro dico 'si salvi chi può ' - dice facendosi scuro in volto -. Sono convinto che possa esserci ancora il rischio che la storia si ripeta".
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