“Quando mi trovo in un ambiente in cui posso illudermi di essere invisibile, mi trovo bene”.
Uomo colto, ironico e arguto, Italo Calvino in realtà nella vita privata era molto riservato e solitario. Un’attitudine compensata dalla moglie Chichita, brillante, intelligente e poliglotta. Dotato di una memoria di ferro, attento ai dettagli, molto serio, ma capace di improvvisi scoppi di allegria come di una incredibile durezza. Chi ha conosciuto Italo Calvino lo racconta così e viene subito in mente la molteplicità che ha caratterizzato tutta la sua letteratura.
Bernardo Valli, grande giornalista e amico di Calvino, ricorda nel suo libro ‘Italo’ le chiacchierate con lo scrittore al caffè Flore di Parigi. “Mi sentivo ed ero un dilettante miracolato”, scrive facendo riferimento ai discorsi su Conrad, al quale Calvino aveva dedicato la tesi di laurea. Dacia Maraini parla invece della sua grande ironia e modestia, Michele Mari racconta della lettera che Calvino gli scrisse quando era appena sedicenne mentre la figlia del grande scrittore, Giovanna, ricorda il primo libro che ha letto, scritto dal padre. E, con la stessa ironia, commenta: “Per fortuna mi è piaciuto!”.
100 di questi Calvino, lo speciale Ansa che, negli ultimi mesi, ha raccontato come il grande scrittore sia ancora oggi una fonte di ispirazione in molti campi - dal cinema, alla musica, alla scienza, fino all’architettura - si chiude, nel giorno del centenario, con le testimonianze di chi l’ha conosciuto o è entrato in contatto con lui. E con le parole dello stesso scrittore che in un bel documentario del '74 di Nereo Rapetti, parla del piacere di poter essere invisibili, o averne l'illusione.
“Era un uomo ironico, spiritoso, molto colto ma che non faceva mai mostra della sua erudizione – ricorda Dacia Maraini - una compagnia molto simpatica da conoscere e frequentare, insieme a sua moglie Chichita”. Secondo Valli era proprio lei a farlo uscire dalla tendenza ad isolarsi: “Chichita era socievole, Italo meno”, scrive, "ma a volte con persone da lui poco conosciute, gli amici della moglie, si lanciava in un’improvvisa allegria”. E aggiunge: “Pare che alle feste dove lo trascinava Chichita fosse anche un discreto ballerino”.
Italo e Chichita si divertivano molto insieme, come ha raccontato all’ANSA la figlia: “Avevano lo stesso sense of humor”, la stessa ironia. Indubbiamente ereditata da Giovanna Calvino che alla domanda sul primo libro del padre che ha letto da ragazza, risponde: “E’ stato il Barone Rampante, e mi è piaciuto! E’ una fortuna che mi piaccia anche come scrittore!”. Ma quello che più l’ha colpita in questi anni è come Calvino sia ancora presente e continui ad essere una fonte di ispirazione per molti. “Sono veramente commossa - ha detto - dall’amore che sento ancora dopo tutti questi anni verso mio padre. Mi sembra che la sua scrittura sia atemporale perché evidentemente continua a parlare alle persone. Sono soprattutto grata ai suoi lettori”.
Il grande scrittore sapeva essere molto generoso ma anche molto duro. Lo ricorda bene il critico Guido Davico Bonino. In un’intervista ha raccontato il suo incontro con Calvino che lo convocò alla Einaudi dopo aver letto un suo saggio sulla trilogia. E a sorpresa gli propose di fare l’ufficio stampa della casa editrice al posto suo. Davico Bonino accetta e inizia un’avventura bellissima ma anche difficile. “Per un anno – ha raccontato - mi fece giorno per giorno da coach ed era un pedagogo durissimo, un giorno mi presentai a quella che sarebbe diventata mia moglie piangendo. Lei mi disse: ma che succede? Mi ha fatto rifare un retro di copertina 14 volte, le risposi”. Un ricordo rimasto indelebile nella memoria del critico, oggi 85enne, tanto che nell’intervista cita anche il titolo del libro: “Era la diga sul pacifico di Marguerite Duras”.
Durezza e precisione, alternata però a grandi slanci di generosità. Come accadde con lo scrittore Michele Mari che, appena sedicenne, ricevette una lettera di complimenti per i suoi fumetti sul Visconte dimezzato. “Avevo fatto vedere il fumetto a mia madre - ha raccontato all’ANSA - che era autrice di libri per bambini. La sua editrice venne a casa nostra, li vide e se ne impadronì, una cosa della quale rimproverai mia madre”. L’editrice li mandò alla Einaudi per farli vedere a Calvino, che li apprezzò a tal punto da scrivere a Mari. Non una lettera di circostanza, ma una pagina molto dettagliata con commenti sui testi e sui disegni. “Io rimasi sbalordito quando la ricevetti, ma la mia più grande preoccupazione fu quella di recuperare al più presto l’originale! Naturalmente mi fece molto piacere, fu un episodio casuale e imprevisto”. Mari aveva già studiato Calvino alle medie e ancora oggi è rimasto legato ai primi romanzi. “La sua - conclude - è grande letteratura capace di andare al di là dello scorrere del tempo perché Calvino è un grande osservatore e analista del mondo contemporaneo”.
Anche il pianista e compositore Ludovico Einaudi ha conosciuto Calvino quando era un ragazzo. Abitava nello stesso palazzo di suo padre e passava spessissimo a casa loro. In diverse interviste ha raccontato che spesso Calvino andava a pranzo a casa loro anche se non c’era il padre. “Lo consideravo uno zio”, ha detto in più occasioni, raccontando che lo scrittore gli regalò una pianta grassa e gli spiegò meticolosamente come si poteva riprodurla rimettendo nella terra le foglie che si staccavano. “Era uno dei pochi del gruppo che lavorava con mio padre - ha concluso - che mostrava un sincero interesse verso di me”.
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