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In evidenza
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Non sappiamo se davvero il mondo stia andando verso il caos, come ha sostenuto di recente Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu – anche perché è difficile che i contemporanei colgano questi momenti – ma è certo che intanto è il caos a venire verso di noi. Almeno a giudicare da quanto lo evochiamo, da tutte le volte che attribuiamo a qualcosa la dimensione o lo stato di caos e in fondo da quanto questa parola è entrata nel linguaggio comune. Basta fare un rapida ricerca sui giornali o i siti web nelle ultime settimane: si parla di caos mediatico (sostanzialmente per dire ‘tanto rumore per nulla’), di caos nel centrosinistra, di caos a Suez, a causa degli attacchi Houthi, la milizia ribelle dello Yemn sostenuta dall’Iran.
Oppure si parla di Donald Trump come agente del caos, ma anche del caos a Sanremo e a Domenica In (per una cosa apparentemente più piccola del caso Houthi e cioè il caso Ghali), del caos social, e anche, come è stato scritto, di “un caos che ha condannato l’opera (il ponte dei Congressi a Roma ndr.) ad essere una delle grandi incompiute di Roma” (Roma a cui in genere si associano con un po’ di pigrizia due sostantivi: la bellezza e il caos). In Siria lo Stato islamico spera nel caos fra americani e iraniani e di alcune potenziali vittime, persone disperse dopo un terremoto, che potrebbero essere state travolte dal caos. In tutti questi casi è abbastanza evidente che il caos è disordine e questo è anche il senso delle parole di Jocker, il protagonista, incarnato da Joaquin Phoenix, vero e proprio agente del caos, secondo la definizione che ne dà, nel libro omonimo, Norman Spinrad, scrittore anarcoide di fantascienza sociale. “Agente del caos”, pubblicato nel 1971, è ambientato in un futuro in cui il sistema solare è stato colonizzato da uomini assoggettati e terrorizzati dal controllo. Tra coloro che si oppongono a questo regime, in un clima da 1984 di George Orwell, c’è la Confraternita degli assassini, un gruppo che crede in un solo dio, il caos appunto.
Qualche anno dopo la pubblicazione di “Agente del caos”, in Italia un gruppo musicale d’avanguardia, come si diceva in quegli anni, gli Area, realizza un brano intitolato Caos e il risultato è qualcosa che sembra avvicinarsi a quello che in genere intendiamo per confusione. [ ] Se però è vero che il caos è confusione, è vero anche ci deve essere qualcos’altro se qualcuno – per quanto opera della fantasia come la Confraternita degli assassini - può concepire il caos come Dio. Si insinua l’idea di qualcosa che va ben oltre il disordine, il guazzabuglio, il casino per dirla con un termine che forse Tullio De Mauro avrebbe abbondantemente consentito dopo essersi arreso anche all’esortazione ‘stronzo’! L’idea del caos divino, cioè di un caos generatore, da cui tutto discende, in effetti non è esattamente una novità di Norman Spinrad. Esiodo, il poeta greco vissuto oltre 2700 anni fa, nella sua Teogonia fa originare tutto da Caos. All’inizio, scrive Esiodo nella Teogonia, il suo poema più celebre, in cui tenta – impresa piuttosto complicata – di mettere ordine nella selva di miti, dei ed eroi dell’antica Grecia, c’è Caos e da lui si genera, tanto per cominciare, la Terra, cioè Gea. Per dire all’inizio Esiodo dice pròtos che in greco significa prima. Dunque Caos è prima di tutto e in quanto pròtos anche prima di spazio e tempo, nel senso che una dimensione del tempo, per cui possiamo anche solo pronunciare la parola ‘prima’, è consentita solo da Caos. Il sospetto che il caos non si possa liquidare come semplice confusione ce lo conferma qualcuno che il mondo greco lo conosceva bene e che è uno dei nostri ospiti ricorrenti: Friedrich Nietzsche. In Così parlò Zarathustra c’è uno dei passaggi più citati, trasformato in aforisma da web buono per molte occasioni, in cui si dice: ‘Bisogna avere il caos dentro per partorire una stella danzante’. Nietzsche non è esattamente Spinoza o Kant, non ragiona partendo da premesse e deducendo qualcosa, ha inciso profondamente anche sul linguaggio della filosofia, oltre che sui contenuti. E dunque: che avrà voluto dire? Bisognerà riparlarne.
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