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In evidenza
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E insomma ‘siamo solo numeri’? E perché, in caso, non vogliamo essere solo numeri? Insomma cosa c’è che non va, eventualmente, nel numero? La prima parte di questo podcast si è conclusa con il riferimento alle pietre, anzi pietruzze, cioè calculus. E’ il punto in cui le parole, che a volte sono pietre, e i numeri in un certo senso si incontrano. Forse i numeri non sono così lontani dalle parole, con le quali molti di noi hanno o presumono di aver molta più dimestichezza fin dai tempi della scuola (ma il discorso è rivolto anche agli altri, quelli che pensano si trovarsi a loro agio solo nel mondo astratto dei numeri e magari ritengono il mare aperto delle parole un terreno troppo scivoloso, tempestoso o inafferrabile per misurarcisi). Il potere dei numeri e il potere delle parole si toccano e non è un caso che i numeri giochino un ruolo determinante dal punto di vista simbolico nella tradizione sapienziale, non solo quella della Bibbia ma anche quella ebraica, degli Egizi, della Mesopotamia e dell’India, cultura dalla quale peraltro derivano i numeri che usiamo ancora oggi (sì quelli che chiamiamo numeri arabi ma che in realtà derivano dall’India, i cosiddetti numeri devanagari).
‘I numeri sono in ambito simbolico elementi maggiori – scrive Corinne Morel nel suo Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze – A riprova dei principi filosofici contenuti nei numeri del carattere spirituale del loro studio, i primi matematici erano dei filosofi. Come a dire che, lungi dal ridurre i numeri a un mero uso quantitativo, gli studiosi li hanno intesi come un supporto simbolico privilegiato’. E’ in parte quello che fa anche Jimi Hendrix nel suo celebre brano ‘If 6 was 9’, celebre anche per essere stato usato nella colonna sonora di Easy Rider, il film del 1969 diretto e interpretata da Dennis Hopper con Peter Fonda e Jack Nicholson. Perché simbolico? Perché mette in discussione la natura solo quantitativa del numero: basta mettersi da un altro punto vista e 6 diventa 9: è in fondo l’invito del caro vecchio professor Keating dell’Attimo fuggente e un modo per confezionare quell’inno all’individualità che per molti è il brano di Hendrix ribadendo, con i numeri, che nessuno è uguale all’altro.
Senza questo potere extranumerico del numero non si spiegherebbero i tanti numeri diventati celebri e a cui è attribuito un significato speciale: dal 3 al 7 (i giorni che Dio ha impiegato a completare la creazione ma anche quello degli attributi di Allah) al 9, simboli della perfezione, al 666 numero angelico e numero del diavolo al tempo stesso, a 777 (numero della massima consapevolezza) e 888 (numero di Gesù) fino a 48 e 68 che non hanno a che fare con la numerologia ma che sulla base di fatti storici concreti sono diventati modi di dire. Non sono certo gli unici: da dare i numeri a fare un numero a vado per uno, sia nella tombola che per dire sono molto indaffarato.
Forse siamo numeri più di quanto vorremmo, soprattutto in tempi di messaggistica social: ‘ti blocco’ significa ‘blocco il tuo numero’ e quindi la tua voce, la tua persona, il tuo stesso essere. E vale la pena ricordare non solo il fisico Carlo Rovelli, che ama citare il filosofo indiano Nagurjuna, un classico della tradizione filosofica buddista, secondo cui le cose sono solo relazioni perché niente esiste in sé e tutto è sempre in relazione a qualcos’altro, ma anche un professore di Analisi numerica dell’università di Roma Tor Vergata, Paolo Zellini che ha dedicato un libro ricco, affascinante, imprevedibile a ‘Numero e Logos’ per provare a dimostrare quanto siano intrecciati i destini dell’uno e dell’altro e come l’uno non possa essere concepito e dunque esistere senza l’altro.
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