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In evidenza
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Per celebrare il 60/o anniversario del Disastro del Vajont, nel Centro visite del Parco naturale delle Dolomiti friulane di Erto, è stata allestita una saletta emozionale, grazie ai fondi di una apposita legge regionale del Friuli Venezia Giulia. Nella piccola stanza collocata all'interno del locale ove sono presenti i pannelli di approfondimento degli aspetti tecnici della catastrofe del Vajont da qualche settimana è visibile l'installazione sensoriale "9.10.1963 L'onda". Lo spazio, che per la sua dimensione si presta a una visione quasi "privata" (non più di cinque persone alla volta), pone lo spettatore all'interno della temporalità dell'evento. Inizialmente sono i paesaggi in bianco e nero della vigilia della catastrofe a scorrere davanti agli occhi dello spettatore, il cui punto di vista abbraccia l'intero invaso, avvicinandosi alla diga, in un ambiente che si riempie dei suoni della quotidianità. La panoramica offre la visione dell'ultimo giorno di esistenza degli abitati affacciati sulle sponde del grande lago artificiale. Le immagini lasciano il posto al nero, mentre l'ambiente si gonfia dei rumori dell'imminente catastrofe, amplificati dal dispositivo tecnico progettato per l'occasione: il pavimento entra in vibrazione mentre una corrente, che rimanda allo spostamento d'aria provocato dall'improvviso movimento delle acque, colpisce lo spettatore, avvolto da una trama sonora di forte impatto emozionale. L'immagine di una tumultuosa onda carica di fango scorre davanti ai suoi occhi. Le tracce sismiche analizzate dopo l'incidente consentirono di misurare con precisione la durata dell'evento catastrofico, qui riprodotto al secondo. Bastarono due minuti e ventinove secondi perché l'immane spostamento d'acqua prodotto dallo scivolamento della frana staccatasi dal monte Toc nelle acque del lago sottostante, spazzasse via le frazioni di Erto e di Casso prima e di Longarone poi. L'immagine dell'onda devastatrice lascia spazio alla visione di frasi che si susseguono come trascinate dal vortice, che le riduce a semplici fonemi. Tratti da testimonianze dell'epoca, essi suggeriscono che anche il linguaggio è stato annientato dalla forza dell'evento e ridotto a frammento. Le campane a stormo che inizialmente si odono sullo sfondo e che avvisano la comunità della tragedia, si trasformano nel rintocco grave delle campane a morto, con cui la comunità è chiamata a raccolta affinché possa, dopo il Disastro, elaborare un lutto collettivo. L'ultima testimonianza, in lingua ertana, è il toccante ricordo del mondo scomparso. Nella realizzazione di quest'ultima parte dell' installazione sono stati coinvolti gli attuali abitanti di Erto, che si sono trovati a leggere le testimonianze di chi allora abitava lungo le sponde del lago, loro parenti.
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