Quando fu ritrovata, nel 1978, nel bel mezzo della taiga russa in quella che oggi è la riserva naturale di Khakassky, Agafya Lykova non aveva idea che la Seconda Guerra mondiale fosse finita (né tantomeno iniziata).
Figuriamoci, beata lei, cosa possa sapere allora del coronavirus. Il che la rende probabilmente una dei pochi esseri umani sul pianeta a far parte del club.
Definita anche come la Mowgli sovietica, Agafya è l'ultima discendente di una famiglia di antichi credenti ortodossi che nel 1936 fuggì nella foresta per scappare dalla persecuzione religiosa di Stalin; quarta figlia di Karp e Akulina Lykov, per i primi 35 anni della sua vita non ha avuto alcun contatto con anima viva al di fuori della sua famiglia. I Lykov vennero scoperti dopo essere stati avvistati dall'elicottero da un gruppo di geologi sul remoto versante di una montagna vicino al fiume Erinat, nella catena dell'Abakan, nella Siberia sud-occidentale. La madre morì nel 1961, il padre nel 1988. E da Agafya allora vive da sola nella foresta. Unico contatto con la civiltà, un telefono satellitare.
La sua storia, all'epoca, fece il giro del mondo. Poi, come succede in questi casi, la novità tramonta e diventa cronaca ordinaria. Così Agafya è sprofondata nell'oblio. Ma non per gli abitanti della città di Tashtagol. "Abbiamo chiacchierato di recente, ho chiamato per controllare il suo stato di salute", ha raccontato al Siberian Times Alexander dell'amministrazione comunale di Tashtagol, che conosce Agafya da anni. "Sta bene. Ma non le ho detto del coronavirus, non volevo che si preoccupasse". L'ultima volta che Alexander l'ha vista di persona è stata nell'autunno del 2019 ma i ranger della riserva le hanno già fatto visita in barca, grazie alle temperature anomale. "Tutti noi facciamo molta attenzione quando visitiamo Agafya, Covid o non Covid, perché lei è come un Mowgli che non si è mai imbattuto nelle malattie dei giorni nostri, sappiamo quanto dobbiamo essere cauti perché resti al sicuro".
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