Ci vogliono un'auto, una motocicletta e una barca per permettere la sopravvivenza alla piccola comunità, un'ottantina di persone, che vive a Chilla Yamuna Khadar, una striscia di terra simile a un'isolotto, allungata dentro lo Yamuna, il fiume a est di Delhi. E sono almeno quattro gli "angeli custodi" che, una volta al giorno, tutti i giorni, contribuiscono a sfamare le famiglie accampate su quel pezzo di terra melmosa. Il cibo parte da Mayur Vihar, un quartiere della capitale sull'altra riva del fiume, dove alcuni residenti generosi si tassano da settimane per sostenere "la gente del fiume". È stato Virender Sachdeva, un negoziante, a scoprirne l'esistenza, ed è lui stesso a cuocere ogni giorno il cibo, nel retrobottega del laboratorio di dolci dell'amico Rajiv Kholi, fermo da quando è stato decretato il lockdown. Una volta pronto, Virender impacchetta i tegami in scatole di cartone e le carica sull'auto di Sonu Pandit, un agricoltore, che ha il permesso di viaggiare per raggiungere i suoi terreni. Arrivato all'estremità del ponte che scavalca lo Yamuna sulla strada nazionale, Pandit si ferma e telefona a Lokesh Sharma, un altro amico, che lo raggiunge in moto, prende il carico ancora tiepido e guida traballando per tre chilometri sul viottolo sterrato che costeggia il fiume; nel punto in cui il sentiero finisce, ecco ad attenderlo Suraj, un pescatore. Quindici minuti di navigazione su una smilza barca di legno, e Suraj consegna il cibo alle donne del villaggio, un insediamento di case di terra e capanne, circondato su tre lati dall'acqua del fiume, e con alle spalle alte canne, che nelle ultime settimane sono cresciute più fitte che mai. Prima del blocco, gli abitanti dell'isola avevano quasi tutti un lavoro e le donne andavano a fare acquisti nelle botteghe del quartiere oltre il ponte, ora chiuse. "Le raggiungevamo con le nostre barche a remi, le stesse con cui portiamo a scuola i bambini; ma adesso non potremmo comunque acquistare nulla", ha spiegato una di loro al giornalista dell'Indian Express. "Raggiungerci non è facile, qui non abbiamo elettricità, non abbiamo acqua potabile, e non esiste sistema fognario; per cuocere usiamo legna o carbone; ma, almeno, siamo al sicuro, lontani da tutti, e in questo periodo non rischiamo di essere contagiati dal virus". I primi abitanti, alcune famiglie, arrivarono sul terrapieno dal Bihar una ventina d'anni fa: "Da allora siamo sempre riusciti a guadagnare quanto bastava per non dipendere da nessuno. Adesso non c'è lavoro e non ci resta che aspettare. Ieri da Mayur Vihar ci hanno mandato riso, lenticchie, un dolce a base di carote, e patatine fritte: per i bambini è stata festa grande".
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