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israele - La strategia di uscita dalla crisi divide i vertici del Paese

13 aprile

Mentre volge al termine la settimana della Pasqua ebraica, trascorsa peraltro in una chiusura quasi totale, Israele esamina ora la possibilità di intraprendere una 'strategia di uscita' (sicuramente graduale e prudente) dallo stato di emergenza. Ma ai vertici di governo si scontrano due visioni contrarie.
    Il ministero delle finanze e la Banca d'Israele suggeriscono di rimettere in moto entro la fine del mese il mondo del lavoro.
    Inizialmente si tratterebbe di settori che contribuiscono al benessere del Paese. Ad esempio hi-tech, istituzioni finanziarie, industria, agricoltura, edilizia, commercio all'ingrosso, magazzini. Ma per liberare i genitori occorre riaprire le scuole, anche in modo limitato, e far ripartire i trasporti pubblici. "Si deve dare ossigeno al mercato", sostiene quel ministero. Sono progetti che però allarmano il ministero della sanità.
    Un rapporto dell'Istituto Gertner di ricerca epidemiologica avverte che Israele non può ancora permettersi il lusso di intraprendere alcuna 'strategia di uscita' perché al momento, pur con le chiusure delle città, riduce i contagi di appena il 20 per cento. Passano sei giorni (e a volte anche otto) dal momento in cui si rilevano i primi sintomi di malattia fino a quando si ricevono risultati certi. La 'conditio sine qua non' per la ripresa del lavoro è, secondo l'Istituto, la riduzione di quel lasso di tempo a un giorno solo. La gestione centralizzata della crisi da parte del premier Benyamin Netanyahu, sostiene il quotidiano economico Marker, ha creato impedimenti e ritardi.
    Adesso va rielaborata.

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