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Frane ed alluvioni,a rischio 6600 comuni in Italia

Frane ed alluvioni,a rischio 6600 comuni in Italia

L'82% del totale; in 4 anni raddoppiate le aree colpite da frane

17 novembre 2014, 15:51

Redazione ANSA

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Genova con strade allagate. Paolo Zeggio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Genova con strade allagate. Paolo Zeggio - RIPRODUZIONE RISERVATA
Genova con strade allagate. Paolo Zeggio - RIPRODUZIONE RISERVATA

L'Italia si scopre 'fragile' quando viene colpita da eventi estremi, come le alluvioni di questi giorni. Ed il nervo del dissesto idrogeologico è quello più sensibile. E 'scopre' che oltre 6.600 comuni, pari all'82% del totale, sono in aree ad elevato rischio idrogeologico, pari al 10% della sua superficie: la popolazione 'potenzialmente esposta' è stimata in 5,8 milioni di persone. Questo quanto emerge da recenti analisi fatte da Legambiente e Protezione civile, che mettono in evidenza come in 10 anni in Italia sia raddoppiata l'area dei territori colpiti da alluvioni e frane, passando da una media di quattro regioni all'anno a otto regioni. Nella classifica delle regioni a maggior rischio idrogeologico prima è la Calabria con il 100% dei comuni esposti; al 100% ci sono anche la provincia di Trento, il Molise, la Basilicata, l'Umbria, la Valle d'Aosta. Poi Marche, Liguria al 99%; Lazio, Toscana al 98%; Abruzzo (96%), Emilia-Romagna (95%), Campania e Friuli Venezia Giulia al 92%, Piemonte (87%), Sardegna (81%), Puglia (78%), Sicilia (71%), Lombardia (60%), provincia di Bolzano (59%), Veneto (56%). Negli anni in Italia "sono aumentate in modo esponenziale le concentrazioni di piogge" brevi ed intense, le cosiddette 'bombe d'acqua'. E nelle aree a rischio spesso si trovano anche abitazioni (85%), industrie (56%), hotel e negozi (26%), scuole e ospedali (20%). Tra le cause che condizionano ed amplificano il rischio idrogeologico c'è l'azione dell'uomo (abbandono e degrado, cementificazione, consumo di suolo, abusivismo, disboscamento e incendi). Ma anche e soprattutto la mancanza di una seria manutenzione ordinaria e non ad una organica politica di prevenzione.

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