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Lavoro: Federmanager,serve piano 4.0 per formare in qualita'

Dal 2011, -9,5% manager e -16% imprese con almeno un dirigente

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ROMA  - Se il lavoro è di qualità, l'avanzata dei robot non fa più paura. Per vincere la sfida che l'innovazione tecnologica lancia al mondo del lavoro servono più formazione e capacità trasversali. Soprattutto considerando che i dati attuali non sono incoraggianti: tra il 2011 e il 2017 le imprese industriali con almeno un dirigente in organico sono diminuite del 16% passando dalle 18.724 unità del 2011 alle 15.742 del 2017. E' quanto emerge dall'assemblea nazionale di Federmanager in cui è stata presentata un'analisi che la stessa organizzazione ha prodotto in base a dati Inps. All'assemblea hanno partecipato diversi parlamentari, il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci e i rappresentanti di Previndai, Previndapi, Fasi, Assidai, Fondirigenti, Fondo Dirigenti Pmi, Fondazione Idi, Federmanager Academy, Praesidium, Fasdapi, Pmi Welfare Manager, Cdi Manager, 4.Manager e Vises Onlus.

"Bisogna puntare su competenze qualificate e su manager capaci di governare l'innovazione", ha detto il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla, "manca ancora un vero piano sul Lavoro 4.0. Questo intervento doveva partire contemporaneamente all'investimento nei macchinari, che certamente ha avuto effetti propulsivi sull'industria, ma oggi serve la spinta giusta per favorire l'ingresso in azienda delle figure capaci di gestire le macchine". Rivolgendosi al prossimo esecutivo, Cuzzilla ha poi aggiunto: "E' fondamentale che trovi le risorse per colmare il gap di professionalità con alta qualifica, investendo in formazione e nella valorizzazione delle competenze manageriali. Altrimenti, finiremo confinati in un equilibrio basso, che fa a pugni con la nostra vocazione di grande Paese industriale".

Tornando ai dati nel periodo considerato il numero dei manager si è contratto segnando un -9,5%. Il trend negativo è principalmente concentrato nelle piccole e piccolissime imprese, che hanno chiuso o hanno perso managerialità. In 7 anni, invece, il numero medio di dirigenti è più che raddoppiato nelle aziende che contano tra 11 e i 50 manager ed è incrementato di quasi il 50% in quelle di grandi dimensioni, dotate di un organico superiore a 50 manager. Le grandi aziende "stanno tenendo, anche se non sostituiscono tutti i manager che vengono esodati", continua Cuzzilla, preoccupato però molto di più dalla situazione delle Pmi: "se queste imprese rinunciano a dotarsi di competenze manageriali, non solo perderanno competitività ma rischieranno di scomparire rapidamente in un mercato fortemente selettivo".

Particolarmente penalizzato dai dati sul lavoro dei manager risulta il Sud Italia, dove i dirigenti in meno rispetto al 2011 sono 1.022, con una flessione di 437 unità nel 2017 rispetto all'anno precedente. Questi numeri "sono lo specchio di anni di mancati interventi che hanno fortemente pregiudicato lo sviluppo di una parte del Paese", avverte il presidente di Federmanager che punta poi l'attenzione sull'importanza di dare un futuro all'Ilva e sulla necessità di sviluppare un grande progetto industriale per il Mezzogiorno.
Su questi ultimi due punti e sulla visione dell'industria come motore indispensabile dell'economia è d'accordo con Cuzzilla anche Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria.

"Quello che il nuovo esecutivo deciderà sul futuro dell'Ilva darà la dimensione di quello che il governo vorrà fare nell'industria", ha dichiarato Panucci nel suo intervento in assemblea aggiungendo che l'Ilva è importante perché "vuol dire fare industria nel Mezzogiorno e rendere compatibile la produzione industriale con l'ambiente, la salute e il lavoro". Per Federmanager, in questi anni sta cambiando anche il ruolo dei dirigenti all'interno delle imprese. I dati dell'Organizzazione evidenziano infatti che, soprattutto nelle realtà di dimensioni medio-grandi, il manager è chiamato a maggiori responsabilità, con competenze sempre meno tecniche e specialistiche, e sempre più trasversali.
Fra le altre realtà che secondo Federmanager andrebbero maggiormente valorizzate ci sono i fondi interprofessionali e il ricorso alle politiche attive del lavoro, in un'ottica che prevenga, e non segua, la fuoriuscita dal mercato del lavoro.
Nell'era della quarta rivoluzione industriale, "la competizione globale non si gioca più tra singole imprese né tra singoli Stati, bensì tra territori interconnessi. Stiamo disegnando una nuova geografia produttiva di cui l'Europa rappresenta una pedina irrinunciabile", ha concluso Cuzzilla.

In collaborazione con:
Federmanager

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