Dopo oltre un anno la Corte costituzionale torna ad avere il suo plenum. Il Parlamento in seduta comune è riuscito finalmente a eleggere i quattro giudici mancanti, dopo una coda di trattative notturne che ha fatto convergere maggioranza e opposizioni su Francesco Saverio Marini (in quota FdI), Roberto Cassinelli (proposto da FI), Massimo Luciani (per le opposizioni) e Maria Alessandra Sandulli, che nella casella del cosiddetto 'tecnico' ha messo d'accordo tutti. Un traguardo raggiunto solo poche ore prima della votazione, superando i dubbi sollevati dalla Lega e con la sorpresa del candidato azzurro, l'ex deputato berlusconiano Cassinelli preferito alla fine all'avvocato e amministrativista Gennaro Terracciano.
Da tempo era intenso il pressing del Quirinale affinché il Parlamento portasse a termine il compito. Sono serviti 14 scrutini per trovare il sostituto di Silvana Sciarra, il cui mandato è scaduto a novembre del 2023, e cinque per eleggere tre giudici al posto di altrettanti a cui è scaduto a dicembre 2024.
L'ultima intesa ha retto, i nomi indicati hanno preso tutti 500 voti o poco più (oltre il quorum dei 3/5). Giorgia Meloni ha espresso "soddisfazione per l'ampio accordo raggiunto tra le forze parlamentari, che ha consentito la contestuale elezione dei quattro componenti e la ricostituzione del plenum della Consulta". E ha inviato un messaggio di auguri ai quattro eletti: Sandulli, ordinaria di diritto amministrativo e già membro della corte costituzionale di San Marino; Luciani, ex presidente dell'Associazione italiana dei costituzionalisti; Cassinelli, avvocato ed ex parlamentare, che diede vita a iniziative a difesa della libertà di espressione in Rete; e Marini, consigliere giuridico della premier nonché 'padre' della riforma del premierato.
Quattro mesi fa Meloni tentò il blitz per far convergere su di lui i voti necessari, vanificato da una fuga di notizie dalle chat interne di FdI che la irritò non poco. È stato solo uno degli episodi della lunga trattativa fra maggioranza e opposizioni, che ha coinvolto i leader, a partire da Meloni, e si è chiusa a ridosso delle votazioni, con qualche scintilla anche nel centrodestra. La Lega ha sollevato dubbi, chiedendo di non porre "veti o rigidità". "Alla fine - ha notato il leader M5s Giuseppe Conte - noi avevamo le idee più chiare delle forze di maggioranza che sono arrivate all'ultimo". Ha espresso "soddisfazione" anche la dem Elly Schlein: "L'accordo ha tenuto con grande compattezza sia delle opposizioni che della maggioranza".
Dai negoziati è uscita la sorpresa di Cassinelli, che qualche azzurro, un po' anche in modo goliardico, votò per l'ultima elezione del presidente della Repubblica. Antonio Tajani ha smentito scontri interni al partito sulla scelta, che qualche mese fa sembrava potesse cadere sul viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto (4 voti per lui) o sul senatore Pierantonio Zanettin (5). "Il problema era sul nome indipendente che la sinistra doveva proporci. Quando ci hanno dato Sandulli, abbiamo detto va bene - ha spiegato il vicepremier -. Non c'è mai stato un problema dentro FI: che ci fossero legittime aspirazioni sì, ma non abbiamo mai litigato".
Durante le operazioni di voto alla Camera, il leader azzurro si è fermato a lungo a parlare con Nicola Fratoianni, di Avs. Il pensiero è andato alla trattativa per la presidenza Rai. FI continua a insistere su Simona Agnes, che "non è una pericolosa reazionaria", ha sottolineato Tajani. Ma la situazione resta di stallo. Le opposizioni non accettano questa soluzione. E non è escluso che aumenti il pressing su FI affinché valuti un altro nome condiviso. E alcuni azzurri ammettono che prima o poi nel partito bisognerà fare una riflessione su questo tema. La presidente della Vigilanza Rai, la 5 Stelle Barbara Floridia, si augura un accordo: "È necessario che i leader si confrontino". Circolano anche voci di dimissioni di massa dalla commissione, ma secondo le opposizioni rientrano solo in una strategia della maggioranza per mettere pressione. "Di certo - assicurano fonti leghiste - il ragionamento delle dimissioni non alberga in noi". La Lega punterebbe a mantenere lo status quo in cda, dove il consigliere anziano Antonio Marano svolge già le funzioni di presidente della Rai.
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